Le Foreste a precedere le civiltà, i Deserti a seguire.
(François-René de Chateaubriand)
Su questo lembo di terra arida
Nel deserto di fuoco
Rami assetati invocano
Gocce d’acqua dal cielo
Solchi di terra arida
Piaghe aperte
Ad accogliere il dolore del nostro tempo
Prima del nulla
Scheletri inerti
Echi di tristezza
Inanimata e austera
Propaggini disperate di secche radici
Lunghe braccia distese nell’aria
Ti avvinghiano ancora
Nei preziosi scrigni della piana
Dita esangui
Vissute fino all’ultima goccia di linfa
Si stendono affrante verso infiniti orizzonti
In questa landa desolata
Cerco l’amore di un frammento di vita
Con la stessa ardente bramosia di quei tronchi
Scavati da mille carestie
Avido di limpide sorgenti
Stremato dalla corsa di una vita
Il mio spirito stanco
Assetato di desiderio
Rincorre incerto
Colmo di umana speranza
Ruvide povertà di pascoli traditi
E questo antico
Accattivante sogno
Mentre rotoli di nuvole bianche
Minacciose e solenni
Davanti a quel sole
Insistente
Pietoso e rovente
Asciugano le lacrime amare del pastore
*
Ma poi arrivavano gli anni della siccità, e a volte non c’erano più di quindici o venti centimetri di pioggia. Il terreno inaridiva e l’erba spuntava misera, alta appena pochi centimetri, e nella valle comparivano chiazze nude e scabre.
(John Steinbeck)