MEZZ’ORA CULTURALE: “La denatalità non dipende dal reddito, ma dalla cultura della vita”

Cari amici buongiorno e buon inizio di settimana. Riprendo il nostro incontro e confronto nella Diretta “Mezz’ora culturale” alle ore 17. Oggi parleremo della strategia del Governo italiano per porre un argine al tracollo demografico, investendo principalmente sull’aumento del reddito delle famiglie numerose. Il Governo è convinto che la denatalità dipenda dal livello del reddito.

Eugenia Roccella, Ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità, intervenendo agli Stati generali della Basilicata di Fratelli d’Italia, svoltosi tra il 7 e il 9 settembre a Potenza, ha fatto questa premessa: «Abbiamo deciso di affrontare il tema della crisi della famiglia in tutti i suoi aspetti in primis il calo demografico. Abbiamo solo il 30% di famiglie con figli, un altro 30% è di famiglie monoparentali (con bambini che non abitano con entrambi i genitori), con una serie di bisogni ai quali lo Stato dovrà far fronte, e un 30% di famiglie senza figli».

L’intenzione del governo, come più volte spiegato dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni, è continuare a investire in due pilastri portanti della società: la famiglia e il lavoro. Già la Manovra 2023 ha previsto un aumento del 50% dell’assegno unico per i nuclei con quattro o più figli a carico rispetto al precedente valore del beneficio. Un incremento del 50% è stato introdotto anche per i nuclei con almeno tre figli di età compresa tra 1 e 3 anni, ma solo in presenza di un Isee pari o inferiore a 43 mila euro. Gli importi dell’Assegno unico e universale nel 2023 sono aumentati del 50% anche per i figli a carico di età inferiore a un anno. Inoltre, dal terzo figlio c’è stata una maggiorazione dell’assegno tra i 15 e gli 85 euro al mese a seconda dei redditi.

L’ipotesi dell’esecutivo per il 2024 è far scattare dal secondo e terzo figlio, le maggiorazioni che nel 2023 sono scattate rispettivamente a partire dal terzo e dal quarto figlio. Questa dinamica potrebbe comportare una sorta di ribaltamento dei benefici dalle famiglie molto numerose a quelle moderatamente numerose, ma anche più probabili in termini statistici. Il pacchetto dedicato a famiglia e natalità nel complesso potrebbero costare sui 4-5 miliardi.

«Il problema è il desiderio di fare figli che non viene realizzato, un problema di libertà genitoriale», ha sostenuto il ministro Roccella ribadendo la bontà degli aumenti all’Assegno unico introdotti già nel 2023. Le parole del ministro sottintendono che la principale causa della denatalità non sarebbe la mancata voglia dei giovani di avere figli, quanto il contesto in cui gli aspiranti genitori vivono.
Il vero nocciolo della questione sarebbero gli stipendi: l’Italia è l’unico Paese europeo dove gli stipendi sono diminuiti rispetto a 30 anni fa, mentre il costo della vita aumenta senza sosta e il boom degli affitti rende difficile andare a vivere da soli prima dei 30 anni. Secondo dati Ocse, tra il 1990 e il 2020 nel nostro Paese si è registrato un calo del salario medio annuale pari al 2,9%. Nel frattempo in Germania e in Francia i salari medi hanno avuto un aumento rispettivamente del 33,7% e del 31,1%, nonostante partissero da livelli già alti. Anche nell’Europa meridionale che ha visto crescite dei salari più contenute, il saldo resta positivo. In Grecia, Paese che da anni affronta le conseguenze di un enorme debito pubblico, i salari sono aumentati in media del 30%. Anche in Spagna, seppure di poco, il salario medio è cresciuto in questi 30 anni (+6,2%).

Cari amici, la tesi di fondo del Governo si scontra con il fatto che è proprio nei Paesi ricchi che si fanno meno figli, mentre sono i Paesi poveri che fanno più figli. Il nocciolo della questione non sono gli stipendi bassi, ma la scarsità della cultura della vita, della maternità, della procreazione, della famiglia.

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Magdi Cristiano Allam
Fondatore della Comunità “Casa della Civiltà”

Lunedì 18 settembre 2023

1 commento su “MEZZ’ORA CULTURALE: “La denatalità non dipende dal reddito, ma dalla cultura della vita”

  1. Il 18 settembre 2023 nella mezz’ora culturale abbiamo affrontato il tema della natalità o meglio del calo demografico o meglio dell’inverno demografico, definizione che piace perché da’ l’idea che dopo l’inverno ci sarà una primavera e poi magari una esplosione demografica incontenibile con l’arrivo dell’estate.
    Il problema è molto serio , ne va della sopravvivenza almeno nostra di italiani e pertanto va affrontato a 360 gradi a a cominciare dal lavoro femminile, diagnosi e cura della sterilità, maggiore attenzione al percorso nascite e un’educazione sulla maternità e la paternità come valore.
    La questione denatalità in Italia sta assumendo sempre più i contorni di un’emergenza. Negli ultimi 10 anni, infatti, si è assistito ad un crollo demografico costante, passando dai 500mila nati all’anno al record negativo del 2022, con 390mila nascite a fronte di 700mila decessi (dati Istat).
    Stefania Celenza ha a lungo parlato di cultura alla vita: un’educazione e una formazione della popolazione che apprenda stili di vita corretti, che capisca qual è il periodo di massima capacità riproduttiva, che faccia ritornare centrale l’idea della gravidanza è un vantaggio per la donna e non una ‘iattura’”.
    Credo che diversi sono i metodi da adottare per affrontare il problema anche se i dati ISTAT sulla natalità sono talmente ridotti che lasciano aperti ad un pessimismo quasi cosmico e sono: avviare una ‘rivoluzione del welfare’, per sostenere la natalità, la genitorialità e l’occupazione femminile.
    Una proposta di legge presentata dal Governo, ha l’obbiettivo di porre un freno all’inverno demografico attraverso il sostegno alla genitorialità.
    Seppure non la ritengo essere la soluzione completa al problema della denatalità in Italia, vuole comunque introdurre cambiamenti concreti.
    Lo fa proponendo diverse misure, che vanno dagli aiuti economici alle famiglie a interventi più strutturali come quelli sugli asili nido.
    Gli aiuti economici devono essere intesi come diritto delle famiglie e non come sussidi.
    Le altre misure: servizi per l’infanzia gratuiti e occupazione femminile.
    E’ incontestabile che le difficoltà economiche sono il principale ostacolo all’avere figli o all’allargamento della famiglia. Lo vogliamo dire che l’Italia non ha, contrariamente ad altri Paesi europei, un piano nazionale delle politiche familiari organico e a medio termine? Anzi presenta servizi di assistenza, educativi e scolastici insufficienti, costosi e inadeguati, oltre a una scarsa tutela delle donne lavoratrici.
    A proposito di donne lavoratrici: le donne che “cadono in maternità” costrette a lasciare il lavoro, oltre a impattare sulla crescita del Prodotto interno lordo, sulla sostenibilità finanziaria della spesa sociale e se di questo ce ne possiamo anche “fregare”, quello che di più grave succede è la incapacità delle famiglie di mantenersi perché si sa che le famiglie monoreddito sono più a rischio di povertà.
    Occorre una riforma strutturale. Dunque, oltre ai bonus , occorre prevedere altre iniziative come l’accesso gratuito alle scuole dell’infanzia, affidare a Regioni ed Enti locali il compito di provvedere ad una infinità di provvedimenti normativi e giuridici e sostanziali, pratici affinché la donna possa partorire , prendersi cura del nascituro e continuare ad occuparsi per più tempo delle incombenze di casa.
    L’elenco dei provvedimenti allo studio del Governo è lunghissimo, non lungo, e speriamo veramente che uno spiraglio di luce si apra a sostegno di natalità e a beneficio della donna in quanto madre procreatrice.
    Si è parlato di altro attinente alla natalità, tanti argomenti perfettamente condivisibili: per esempio gestazione surrogata e aborto ( parola sostituita con IGV interruzione volontaria gravidanza)perché chiamare l’aborto “omicidio” scuote le coscienze che hanno diritto di quietare …
    Chi ricorre alla pratica dell’utero in affitto, pratica secondo me che prescinde dal non riconoscersi dentro la Famiglia, soddisfa il bisogno intimo di maternità una tantum , punto.
    Parlare di gestazione surrogata e di IGV ci vuole tempo e competenze che non ho. Riferendomi al tema della denatalità è chiaro che entrambe le pratiche sottraggono infiniti numeri alle nascite.
    Ritornando a prima, oltre a mille ragioni culturali che spingono a fare sempre meno figli, come dice Stefania Celenza manca la cultura della natalità della Famiglia, della procreazione e la cultura della vita, l’esercizio del pensiero autonomo, l’abitudine a leggere a informarsi, a capire e che i giovani sono sotto dominio culturale dei medias, sono incapaci di riflettere, pensare in maniera autonoma.
    Non mi convince però quando Stefania dice che poche decine di euro in più al mese non possono cambiare la rotta al pensiero unico e che conformarsi al pensiero unico è in ultimo la nuova forma di cultura.
    Intanto non si parla di poche decine di euro ma di almeno trenta tra bonus, carte acquisti e assegno unico per figli etc che il Governo mette in campo nel 2023 a sostegno di Famiglia e quindi di aiuto alla natalità.
    Si è detto che l’aiuto economico non è sufficiente, chiaro che no, occorre un cambio culturale e mettere al bando, tutte quelle correnti di pensiero, partitiche, pubbliche televisive, di stampa e di libri che entrano nella scuola attraverso il pensiero gender , LGBTQ+ , carriere alias e porcherie del genere che trasformano le nuovi classi generazionali in masse di giovani sempre meno virili ma più effeminati, spesso drogati e che ritengono il sesso un atto consumistico facile e non come atto d’amore, maturo e responsabile, finalizzato alla procreazione.
    Vi invito a leggere : affrancare la scuola dal relativismo culturale e valoriale pag. 124 del libro Un Miracolo per l’Italia .
    Poi, insisto, occorre riconoscere il giusto peso che gli aiuti economici e normativi del governo vanno incontro alla Famiglia, ricordando ancora una volta quanto Magdi scrive nel suo libro a proposito della donna una volta dedita totalmente ai figli, alla famiglia e alla casa, con il tempo, con il cambiamento culturale ed economico, la donna è totalmente impegnata fuori casa, nella carriera professionale perché, oggigiorno , con un redito monofamiliare, quello del marito, non si campa bene.
    Ne consegue che tantissime donne scelgono di diventare madri sempre più avanti con l’età. Ho letto che tra la carriera e la famiglia, le donne italiane ricorrono sempre più spesso al social egg freezing (o social freezing), una tecnica di preservazione della fertilità che consiste nel congelare gli ovociti in età fertile per posticipare la gravidanza.

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