STEFANIA CELENZA: “Il caso Barilla, guai a dissentire con il mondo gay”

Il 25 settembre del 2013, Guido Barilla (presidente del gruppo omonimo) ai microfoni di Radio24, alla capziosa domanda dei conduttori Parenzo e Cruciani, sul perché l’azienda non avesse ancora dato spazio agli omosessuali nei propri spot, rispondeva così:
“Non faremo pubblicità con omosessuali perché a noi piace la famiglia tradizionale. Se i gay non sono d’accordo, possono sempre mangiare la pasta di un’altra marca”.
Non l’avesse mai detto!
A pochi minuti da questa fin troppo ingenua dichiarazione, il mondo del web, a livello internazionale, si è scagliato violentemente contro Barilla, dando sfogo ad una indignazione fulminea. L’intervista causò un cataclisma di polemiche, da parte delle associazioni gay friendly e di esponenti del mondo politico e dello spettacolo. Dal canto loro, i consumatori minacciarono di non comprare più la pasta Barilla. Daniela Tomasino, presidente di Arcigay Palermo, ebbe a dichiarare: “La Barilla negli ultimi decenni, con pubblicità e prodotti ha contribuito a condizionare il modello di famiglia nell’immaginario di milioni di Italiani. Ora sappiamo che si trattava di un modello ideologico, influenzato da odio e pregiudizi…. Barilla sa che può diffondere il suo irresponsabile messaggio d’odio senza alcun freno …. Io sicuramente da oggi sceglierò con più attenzione solo marchi locali, con principi etici più solidi: non voglio che i miei soldi arrivino a questa gente.”
Da questa sciagurata intervista si trasse la conclusione che “L’Italia è tuttora, purtroppo, un Paese altamente omofobico”. Da qui scattò, con un tempismo mai visto, una vera una campagna mediatica contro la azienda che fu battezzata #boicottaBarilla. La controffensiva più potente giunse dagli Stati Uniti. Ivi, la “Human Right Campaign”, una importante associazione preposta alla osservazione del rispetto dei diritti delle minoranze, in campo commerciale, stila ogni anno il “Corporate equality index”, una graduatoria basata sulle politiche interne ed esterne aziendali, in questo settore. Tale graduatoria determina il condizionamento del mondo del consumo, a livello internazionale. Un voto negativo della Human Right Campaign può portare qualsiasi impresa al fallimento, in poche settimane.
Le altre aziende concorrenti colsero la palla al balzo ed approfittarono immancabilmente della defaillance Barilla. La Garofalo, nella propria pagina Facebook condivise lo status “le uniche famiglie che non sono Garofalo sono quelle che non amano la buona pasta”. O ancora, Buitoni pubblicò l’immagine di un portone spalancato con su scritto ”A Casa Buitoni c’è posto per tutti”. Misura twittò “Lavoriamo per le intolleranze, ma solo quelle alimentari”…
Un vero massacro.
Dopo le critiche ricevute da tutto il mondo, stampa estera e social in primis, dopo le inusitate ed ininterrotte pressioni dei media e, persino, di Dario Fo, il presidente dell’impero della pasta italiana decise di chiedere scusa.
In un videomessaggio internazionale, diffuso sui canali social del marchio, sul sito e su Youtube, ammetteva di essere triste e dispiaciuto: “In Barilla, abbiamo cura di tutti, senza distinzioni di razza, religione, fede, sesso o orientamento sessuale. A tutte le persone – amici, famiglie, dipendenti e partner commerciali – che si sono sentite toccate o offese, chiediamo sinceramente scusa”.
Ma non bastò.
Guido Barilla, oltre alle pubbliche scuse, avrebbe dovuto compiere un vero e proprio percorso di “redenzione”, così composto.
1) Incontro con la comunità LGBT
A novembre 2013, neanche due mesi dopo lo scandalo, il Presidente della Barilla, nello studio del consigliere regionale dell’Emilia-Romagna Franco Grillini, incontrò i responsabili nazionali delle associazioni Lgbt italiane, per scusarsi della gaffe e per avanzare “proposte concrete” per porre rimedio alla situazione.
2) Impegno nel promuovere la diversità
Barilla annunciò pubblicamente di voler cambiare la policy aziendale, in favore della diversità “Diversità, inclusione e uguaglianza sono da tempo parte integrante della cultura, dei valori e del codice etico di Barilla … Allo stesso tempo il nostro impegno è volto a promuovere la diversità perché crediamo fermamente che sia la cosa giusta da fare”.
3) Lancio del “Diversity & Inclusion Board”
All’interno dell’azienda fu istitutito il “Diversity & Inclusion Board”, composto da esperti esterni indipendenti che aiutano Barilla a stabilire obiettivi e strategie concrete per migliorare lo stato di diversità e uguaglianza tra il personale e nella cultura aziendale, in merito a orientamento sessuale e parità tra i sessi.
4) Corsi contro la discriminazione
L’azienda si impegnatò a tutelare i propri dipendenti dalle discriminazioni, organizzando dei training sulla “diversità” ai quali vennero invitati a partecipare gli oltre 8000 lavoratori.
5) Benefit estesi anche alle famiglie dei transgender
Barilla decise di estendere la copertura sanitaria anche alle famiglie e ai parenti dei dipendenti transgender.
6) Donazioni a favore di associazioni che lottano per i diritti LGBT
L’azienda, negli Stati Uniti, decise di donare parte dei propri ricavi alla “Tyler Clementi Foundation”, un’organizzazione contro il bullismo, formata dalle famiglie degli studenti gay della Rutgers University.
7) Attivisti gay assunti come consulenti per il cambiamento
Barilla decise di farsi aiutare da alcuni attivisti gay per ricevere i loro suggerimenti, per favorire il cambiamento aziendale e la ripresa.
In poco tempo, Barilla riuscì così ad ottenere un punteggio perfetto dalla Human Right Campaign. Deena Fidas, responsabile del programma Human Rights Campaign, disse “è incontrovertibile che alla Barilla ci sono oggi delle politiche e pratiche aziendali inclusive per gay, lesbiche, bisessuali e transgender che un anno fa non esistevano”.
Vinse l’inquisizione.
Ma non del tutto. Dal frastuono assordante di tutto il clamore scagliato contro Guido Barilla, si dissociò una sola, piccola, isolata voce.
Si trattò di Eliseo Del Deserto, un omosessuale che, all’indomani delle pubbliche scuse di Barilla, così scrisse, dal suo Blog, il 28/09/13:
“Signor Guido Barilla, Le scrivo perché sono io a volerLe chiedere perdono! Io sono un ragazzo omosessuale che ha seguito in questi giorni la vicenda scatenata dalle Sue dichiarazioni. Ero infastidito dal moltiplicarsi delle chiacchiere, delle battaglie inutili, boicottiamo o non boicottiamo, dall’elenco insipido delle altre marche di pasta, dalla Sua foto oltraggiata ed osannata … Quando da piccoli o da giovani ci rendiamo conto di essere omosessuali, lo sentiamo sulla nostra pelle: siamo diversi … Dopo la disperazione iniziale si cerca un equilibrio, una ragione, la felicità. Tutti abbiamo una diversità da gestire, questa è la verità. E’ giusto riconoscere i tratti della nostra differenza, accettarne i limiti. Due uomini non potranno mai generare un figlio per esempio. Due donne non saranno mai una famiglia intesa in senso tradizionale. Perdono Signor Barilla! Per le parole umilianti che ha dovuto subire, Lei e la Sua azienda a causa di noi omosessuali. Anche se alcuni non saranno d’accordo con me. Io che nonostante tutto sono uno di loro, Le chiedo scusa. Scusi le ingiurie, le pressioni, i boicottaggi, le parole inutili di quel manipolo di anime ruggenti che vanno solo in giro cercando chi divorare. Sulla famiglia ha molto da imparare chi l’ha portata a scusarsi per delle parole che non avevano nulla di offensivo.
L’atteggiamento violento, persecutorio, intimidatorio, dunque bullistico di questa gente, insieme alle tante espressioni di orgoglio gay che negli anni si sono diffuse, suscitano tutto in me, eccetto la fierezza di essere omosessuale. Perdono ancora!
Eliseo del Deserto”.

Non ho altro da raccontare.


Firenze, 04.10.2023
Stefania Celenza

2 commenti su “STEFANIA CELENZA: “Il caso Barilla, guai a dissentire con il mondo gay”

  1. Credo che senz’altro Barilla compì una scelta tormentata ma quasi eroica, per salvare la sua azienda (guarda caso “di famiglia”) e le migliaia di suoi dipendenti in tutto il mondo. Inoltre, da non dimenticare, il marchio rappresenta anche l’italianità, il primato della gastronomia italiana nel pianeta. La pasta Barilla si vende anche al polo nord. Credo che, alla fine, Barilla abbia assolutamente vinto sulla idiozia.

  2. Quando allora seppi delle dichiarazioni a favore della famiglia del signor Barilla, per poco tempo in me ci fu la convinzione che in Italia ci fosse, non solo ancora libertà di esprimersi, ma anche ce ancora qualche voce indipendente in grado di fare delle dichiarazioni pubbliche in favore della Famiglia. Pochi giorni dopo rimasi invece deluso dalla ritrattazione che venne fatta, segno che ormai l’intero potete finanziario era saldamente in mmano a chi invece la nostra famiglia nega totalmente come unica possibile. Pensai di conseguenza di essere io a dover boicottare i prodotti della su ditta che ormai era dichiaratamente indirizzata sulle indicazioni del pensiero dominante. Non era chiaramente possibile riuscirci e Barilla aveva il dovere di salvaguardare la sua ditta, e, forse, chissà se ci pensava, i suoi dipendenti. Non ricordo di aver comunque sentito allora nessuno intervenire a favore delle sue dichiarazioni originarie.

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