STEFANIA CELENZA: “La famiglia secondo l’islam”

Stanno accadendo strani fenomeni in questo mondo veramente al contrario.
Nuove realtà si insinuano in mezzo ad altre, totalmente dissimili, persino
contrastanti, senza che nessuno paia accorgersene.
Abbiamo dissertato tanto sulla crisi della famiglia nel mondo occidentale, ed
in Italia in particolare. Abbiamo discusso della denatalità, del femminismo,
dell’aborto, dell’omosessualismo e del gender.
Mentre ne parliamo c’è una popolazione parallela, che sta vivendo accanto a
noi, a fianco a noi, che affronta le identiche realtà, ma in tutt’altro modo.
I musulmani, dei quali, ormai, ogni nostra città, ogni borgata, ogni frazione è
popolata.
Quello che ci differenzia radicalmente e profondamente è la cultura.
In questo esatto momento storico, sembra che la cultura vincente sia
senz’altro la loro. Mentre la nostra famiglia si sfascia, mentre noi non
generiamo più figli, mentre ci interroghiamo sul sesso degli angeli, la famiglia
musulmana si rafforza, si consolida e si riproduce.

Mi piacerebbe chiedere ad un musulmano cosa ne pensa della ideologia
gender fluid. Mi piacerebbe chiedergli cosa ne pensa della vaccinazione anti
covid 19, alla quale hanno così tanto creduto questi miscredenti occidentali.
Eppure l’islam è accanto a noi, è dentro i nostri territori, è nelle nostre strade,
nei nostri ospedali e nelle nostre scuole. È il negozio sotto casa. È l’ambulante
che ci ferma sulla spiaggia o davanti al supermercato.
Magdi Cristiano Allam da anni ci dice che è in atto una oggettiva sostituzione
etnica e islamizzazione demografica, che siamo difronte ad una vera e propria
auto-invasione.
Vorrei cercare di capire il perché.
Perché la cultura islamica, che è molto più giovane di quella cristiana, che è
così profondamente diversa, ha sopravvissuto, si è imposta e si sta ancora
diffondendo con successo? Cos’ha avuto di più delle altre, cos’ha di più, cos’ha
di più forte, di più potente, di più arcano, rispetto alla nostra cultura
millenaria, oggi in evidente declino?
Forse l’esame storico della prima frattura creata dall’islam nella nostra antica
civiltà greco romana, ci può aiutare a capire.
Quella prima frattura si chiama Medioevo.
Sappiamo che le invasioni germaniche non misero fine all’unità del
mediterraneo, né alla cultura antica. Infatti, l’anno 476, data della
destituzione di Romolo Augusto, corrisponde più propriamente alla caduta
dell’Impero Romano, piuttosto che all’inizio del Medioevo. La vera grave
rottura della tradizione antica ebbe luogo a causa della avanzata rapida ed
imprevista dell’islam, ovvero a causa della invasione araba.
Con le invasioni barbariche non si erano introdotte forze morali contrarie (i
germani avevano istituzioni di tipo tribale anglo-sassone). I cosiddetti
“barbari” non avevano nulla contro l’Impero Romano, anzi lo ammiravano.
Conservarono la lingua ed applicarono il Diritto Romano.

Dopo le invasioni barbariche non vi furono, infatti, grandi mutamenti. Gli
invasori si lasciarono assorbire dall’Impero, di cui avevano sfasciato le
frontiere, entrarono nelle comunità e nelle civiltà su cui l’Impero si fondava.
Il vero cambiamento avvenne, invece, con l’avanzata dell’islam.
Prima del 632, anno della morte di Maometto, non vi era mai stato alcun
contatto con la Penisola Arabica, abitata da popolazioni erranti nel deserto.
Non c’era nulla da temere dai beduini nomadi, la cui religione era appena
superiore al feticismo.
Nessuno si accorse che Maometto stava per dare al suo popolo, di confusi,
disordinati e dispersi beduini, una nuova religione.
Fu così che l’imprevedibile attacco arabo, due anni dopo la morte di
Maometto, sorprese e lasciò esterrefatto tutto il mondo mediterraneo.
La conquista araba è senza precedenti. L’islam era appena nato, ma la sua
diffusione fu fulminea, se paragonata al lento progresso del cristianesimo.
I risultati raggiunti ebbero del miracoloso.
Ma cosa c’era di diverso in questo islam? Forse c’era questo: i musulmani non
intendevano convertire i popoli conquistati. Pretendevano che obbedissero al
dio Allah e al suo profeta Maometto. Islam significa sottomissione, come ci
insegna Magdi Cristiano Allam. Pertanto, si pretendeva “non la conversione”
degli infedeli, ma il loro “assoggettamento”. Non si volle nessuna fusione con
le civiltà conquistate. Dove arrivavano gli arabi, essi dominavano. Anche la
lingua=lingua santa=lingua del Corano fu sostituita al greco e al latino. Il
diritto derivante dal Corano si sostituì al Diritto Romano.
Con la conquista saracena si ebbe il “taglio”, la “rottura netta” con tutta la
cultura precedente.
L’unità mediterranea fu rotta, quella unità che le invasioni germaniche
avevano preservato, fu infranta dall’islam: questo segnò la fine della
tradizione antica greco-romana. Questo è l’inizio del Medioevo.
Ma quel Medioevo è veramente finito?

Cosa c’era, dunque, in quella nuova, sorprendente e possente disciplina,
imposta da un semplice beduino illetterato, che ha sbalordito il mondo e che
ancora oggi sopravvive, inalterata?
Vediamo, allora, da vicino, questa cultura, dal momento che permane tuttora
imperitura.
L’islam regola in tutto e per tutto la vita individuale e collettiva di coloro che
lo praticano e le sue fondamenta sono rappresentate dalla parola di Allah, così
come riferita dal suo profeta Maometto e concretizzata nella legge islamica,
shari‘a, cui si deve attenere rigorosamente ogni credente.
Bene, qual è il punto focale di questa shari‘a?
I valori principali della società islamica si fondano tutti su famiglia, autorità e
continuità delle generazioni. Dunque è il Diritto di Famiglia l’epicentro
dell’intera ideologia musulmana. Non è tuttavia la stessa famiglia della civiltà
ebraico-cristiana. L’islam legittima la poligamia. L’uomo può avere fino a
quattro mogli contemporaneamente più tutte le schiave che può permettersi.
La shari‘a ha nel matrimonio (nikah) il suo cardine fondamentale. E’ l’unica
forma legittima di unione tra i sessi, ma anche un dovere religioso e morale.
In realtà, l’islam ha riformato solo in parte la società pre-islamica e gli usi
legati alla vita coniugale e familiare, anzi riprendendo alcune pratiche
preesistenti, che si fondavano sulla conservazione dell’unità familiare, vista
come difesa della comunità contro i nemici.
Il normale corso dell’esistenza di un musulmano è tutto proiettato verso la
famiglia, che è concepita come lo strumento attraverso il quale poter
realizzare la legge di Allah, nella sua forma più piena e completa. Il
matrimonio è un dovere per ogni musulmano e l’unione matrimoniale
islamica si presenta essenzialmente come un contratto. Un contratto di
compravendita: l’uomo compera la donna dando una dote. Ci si sposa in casa,
chiamando un notaio matrimonialista che registra l’entità della dote che la
famiglia dello sposo versa alla famiglia della sposa.

Il matrimonio è, per la donna, il mezzo per diventare pienamente capace di
agire (in vero, ciò è anche possibile con un atto di emancipazione del padre).
Il matrimonio ha come finalità la soddisfazione del desiderio sessuale e la
procreazione. La donna da nubile appartiene al gruppo paterno, mentre con il
matrimonio passa sotto l’autorità del gruppo familiare del marito.
L’islam legittima i matrimoni combinati, essendo una consuetudine tribale
avallata da Maometto viene concepita positivamente ed è assai diffusa nel
Mondo islamico.
In tema di educazione, la società musulmana tradizionale, partendo da un
ordine sociale antico, patriarcale e patrilineare, prevede che sia il padre ad
esercitare sulla prole un’ampia patria potestà. Tale diritto gli comporta il
dovere del mantenimento, del decoro, dell’educazione, dell’istruzione, del
matrimonio e della gestione dei beni. Il padre educa i figli alla sacralità della
famiglia, il rispetto, la fede, l’istruzione e la realizzazione personale. Il padre
esercita la patria potestas sui figli, che appartengono al lignaggio paterno e
“trasmette” la religione ai figli minori. I figli sono tenuti all’obbedienza
incondizionata. Ma c’è molta differenza fra i due genitori. Già durante il
periodo dell’adolescenza, per il bambino sottostare agli ordini di una donna
(benché la madre) mette in crisi la propria virilità. Questo è solo uno degli
aspetti della totale subordinazione della donna (rapporto di dipendenza,
secondarietà) rispetto all’uomo. Vi è un vero controllo sociale sulla donna, che
deve coprirsi (velo), quando esce nello spazio pubblico, oppure che può
sposare solo uomini musulmani. Per Allah le donne sono un oggetto sessuale
a disposizione del marito. Per Allah il marito ha il diritto di picchiare
preventivamente la moglie «se teme la sua insubordinazione». Allah
condanna a morte gli adulteri e le adultere. L’adulterio, cioè il rapporto
sessuale tra un uomo e una donna di cui almeno uno dei due è sposato, è
sanzionato con la condanna a morte di entrambi, tramite lapidazione.
In tema di omosessualità, per l’islam solo l’amore eterosessuale è naturale per
l’uomo. La confusione estetica o comportamentale tra i due generi maschio e

femmina è considerata un segno della fine del mondo. Ma, pur essendo
l’omosessualità condannata, è di fatto tollerata nel contesto della rigida
segregazione sessuale vigente nelle società islamiche. Allah concepisce il
Paradiso come un bordello per soli uomini allietati sessualmente da 72 donne
eternamente vergini e da fanciulli effeminati. Nel Paradiso di Allah si soddisfa
anche l’appetito degli omosessuali e dei pedofili, concedendo loro «fanciulli di
eterna giovinezza», in aggiunta alle «fanciulle dai grandi occhi neri simili a
perle nascoste».
Il divorzio, per Maometto, è contrario alle leggi della creazione. Infatti, si
pensa che, quando in una società aumenta il livello dei divorzi, questa società
ha deviato dalla via naturale della vita. Ciò induce l’islam a vietare il divorzio,
eccetto in casi eccezionali. L’islam concede di sciogliere i legami sconvenienti.
Tuttavia vige il “ripudio”, il marito può porre fine al matrimonio ripetendo
per tre volte: «Ti ripudio». Lei cessa di essere sua moglie e subito dopo la può
sostituire con un’altra moglie.
A proposito di aborto, nell’islam, si ritiene che il feto riceva l’anima solo dopo
120 giorni dal concepimento, tuttavia anche l’embrione è ritenuto degno di
rispetto. Per questo l’aborto in generale non è consentito. Ad ogni modo
l’aborto dopo il quarto mese è considerato un omicidio.
La giurisprudenza delle scuole sunnite è concorde nel divieto di aborto a
partire dal quarto mese, mentre solamente la scuola islamica Shafi’ita vieta
qualsiasi tentativo di espellere il seme maschile a partire dal primo istante del
suo ingresso nel grembo materno.
Questa è solo una brevissima e sintetica panoramica dell’approccio islamico
agli stessi argomenti che stanno attanagliando la società occidentale.
Non so se ciò abbia potuto mettere in luce qualcosa o abbia potuto fornire
qualche risposta. Forse, piuttosto, può avere aumentato i nostri interrogativi.
Tuttavia, sempre, una maggiore conoscenza aiuta a capire.

Signa, 23.10.2023

Stefania Celenza

5 commenti su “STEFANIA CELENZA: “La famiglia secondo l’islam”

  1. Carissima Stefania grazie per questa accurata rappresentazione della famiglia nell’islam. Prendiamo atto che né la concezione della famiglia né la considerazione della donna nell’islam sono compatibili con i valori fondanti della nostra civiltà europea, laica e liberale dalle radici ebraico-cristiane.
    Tuttavia hai sollevato il problema oggi in assoluto più rilevante per la nostra stessa sopravvivenza: le famiglie islamiche fanno tanti figli; gli italiani in particolare e gli europei in generale fanno sempre meno figli.
    Il tracollo demografico è stato la causa principale del declino e poi della fine dell’Impero Romano d’Occidente. Noi siamo stati fortunati, perché succedette il cristianesimo e, grazie ai monasteri benedettini e a Carlo Magno, si sono affermate la civiltà e l’Europa cristiana.
    Ma i nostri figli e i nostri nipoti non saranno altrettanto fortunati. Il vuoto demografico e valoriale viene colmato dai musulmani e dall’islam. La prospettiva a cui vanno incontro è di vivere sottomessi alla dittatura islamica, che nega i valori della sacralità della vita di tutti, la pari dignità tra uomo e donna, la libertà di scelta personale.
    Solo un miracolo potrà salvarci come popolo condannato all’estinzione e far rinascere la nostra civiltà decaduta. I miracoli li fa il Signore ma nascono nell’animo di ciascuno di noi. Dobbiamo volerlo e impegnarci affinché possa realizzarsi, confidando nell’intervento salvifico del Signore.

    1. Stefania , hai fatto una analisi perfetta della disastrosa situazione in cui con le nostre stesse mani ci siamo infilati con il buonismo e l’accettazione di tutti i soprusi, soprattutto mettendo in confronto due civiltà così antitetiche .
      Aggiungo solo una valutazione personale .
      L’islam che è immigrato nei nostri paesi è fatto per la maggior parte da gente con una cultura di base scarsissima , gente facilmente indottrinabile con i dogmi assoluti ma semplici della loro religione .
      laddove non vi è cultura non esiste ribellione , laddove non vi è ribellione non vi è ragionamento , laddove non vi è ragione le religioni nella parte più bigotta spopolano . E’ un modo per tenera a bada i popoli .
      Questo è funzionale all’invasione islamica, tanti soldatini che non si ribellano e a poco a poco fagocitano tutto intorno a loro .
      Se non fossimo una civiltà decaduta e oramai marcia dentro non avremmo mai permesso di essere fagocitati da tanta ignoranza ed arretratezza.
      E ha ragione Magdi , ci vuole un miracolo perchè le nostre “truppe cammellate” se ancora esistono hanno le mani spuntate da chi all’interno di esse rema contro importando e osannando le peggior cose da un occidente che ha sorpassato i limiti dell’ etica e della morale su tutto , non solo sulla vita e sulla famiglia

  2. Ormai, Simonetta, viviamo nel paradosso più sfrontato e ci sembra tutto normale.
    Stiamo accettando, senza battere ciglio, l’esmafroditismo, la sterilizzazione di massa e
    l’utero artificiale, mentre giovanissime donne velate, si aggirano accanto a noi, con un nuvolo di figliuoli, mentre uomini barbuti invadono le nostre vie, con esercizi commerciali di ogni genere, sotto l’insegna alalah. Ma noi siamo inclusivi, che c’entra!

    1. Hai perfettamente ragione, Stefania!
      Fino al 2019, per circa12 anni ho passato un mese della mia vita in Egitto, non come turista ma ospite di una famiglia che Dio ha messo sulla mia strada, e confesso che la pervasività asfissiante della cultura islamica l’ho provata più in Italia che non là, perché qui da noi stride con tutto il vivere e non è stata minimamente imbrigliata nel nostro sistema sociale e giuridico. L’inclusività è uno degli imbrogli più vergognosi che ci propinano ad ogni pie’ sospinto.

  3. L’islamizzazione è ormai conclamata, perché sembra che l’abbiamo accettata quasi come ineluttabile al nostro fianco senza però farci coinvolgere… è tollerata, forse perché siamo buoni? Quella che invece è stata accolta e assorbita praticamente in toto è la cultura nichilista anglo-americana, che subdolamente è entrata nelle nostre case, nelle nostre vite, ne siamo stati infettati e trascinati nel gorgo delle assurde e letali concezioni, che negli ultimi anni a passi da gigante ci hanno completamente sradicati dal nostro essere italiani: woke, gender, aborto a go-go, droga libera, religione fai da te, ecc. ecc. Veramente duro per un cattolico praticante riuscire a resistere, anzi direi proprio a esistere mantenendo la fede!

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