VITTORIO ZEDDA: “Dobbiamo prevenire che il radicalismo islamico “interiore” diventi “operativo””

Sembra allarmismo inutile. Non è così. Può essere forse tardivo, ma ancora opportuno. Esiste infatti, si spera, ancora un “margine” di difesa, di prevenzione possibile. Una cosa vorrei precisare, sulla base di quel che so e di quel che mi pare di aver colto durante alcuni viaggi in nord Africa.
Anche fra i musulmani, così come fra i cristiani, esistono “fedeli” che hanno una conoscenza sommaria della loro religione e poco si soffermano a riflettere sui suoi contenuti. “Fedeli” islamici di questo tipo non sono sospettati, con una certa approssimazione, di poter originare problemi di convivenza nel paese occidentale in cui immigrano. Non sembrano  infatti dei fanatici o degli integralisti, o peggio dei “radicalizzati”, come si usa dire.

Viceversa un musulmano convinto, che per gli studi fatti conosce a fondo la sua religione, e la pratica rigorosamente, è per ciò stesso “radicalizzato”, perché si sente  intimamente tenuto a seguire alla lettera i dettami della sua “fede”, e non ha dubbi sulle “verità” e i precetti della dottrina in cui crede. Nella società islamica di provenienza non ha, generalmente, particolari motivi per mettere concretamente in atto gli aspetti più conflittuali e bellicosi del suo credo.
Una volta giunto in Occidente vive l’esperienza di un confronto totale (diremmo una “full immersion”) con una società formata da una assoluta, per ora, prevalenza di “infedeli”.
Può reagire in vario modo, e non esamino qui i possibili esiti. Presumo che chi crede la propria fede un motivo certo  della propria superiorità rispetto al mondo non musulmano che lo circonda, provi sentimenti che variano dal disadattamento al conflitto intimo o esplicito.

Non è che si “radicalizzi” qui da noi, ma ritiene di dover agire verso gli “infedeli” così come i “sacri testi” lo esortano e fare. Arriva quindi già “radicalizzato”  in casa nostra e, di conseguenza, può “esercitare” e mettere in atto il suo radicalismo, secondo le occasioni, gli stimoli, le condizioni, le opportunità, le protezioni, i collegamenti e le relazioni con i suoi correligionari immigrati, ecc.

Può passare dal suo “radicalismo interiore” al “radicalismo operativo” ritenendo di aver motivi di fede per farlo. Qui da noi può trovare altri che la pensano come lui o gruppi pronti ad usarlo, strumentalizzarlo, finanziarlo, armarlo. In questo caso si dice che si è  “radicalizzato” da noi, ma in effetti qui ha subito soprattutto una spinta decisiva verso l’estremismo “più estremo”.  
Il terrorismo ne è in gran parte la conseguenza. Non dovremmo lasciargli spazi e occasioni per arrivare a tanto. Meglio avremmo fatto, agendo in termini di prevenzione, evitandogli di metter piede in casa nostra o di restarci, e allontanando chi inopportunamente già ci sta. Parimenti dovremmo evitare che altri suoi correligionari, meno acculturati di lui nulla stessa fede, una volta giunti da noi vengano reclutati e istruiti da malintenzionati per gli stessi fini, sopra accennati.

Vittorio Zedda

2 commenti su “VITTORIO ZEDDA: “Dobbiamo prevenire che il radicalismo islamico “interiore” diventi “operativo””

  1. Caro Zedda stamattina nella mia posta elettronica ho ricevuto la consueta email da Gatestone
    L’ho letta e subito pubblicata su FB tanto mi ha sconvolto il suo contenuto.
    Spesso nella nostra Casa della Civiltà parliamo del terrorismo islamico in Europa e da noi in Italia, e di quanto l’avanzata inarrestabile dell’Islam ponga un serio problema di sopravvivenza della nostra Civiltà, nostra gente, delle nostre famiglie, di ciascuno di noi.
    Nel tuo articolo, in base alla tua esperienza, indugi nel fare distinguo tra islamici poco “religiosi” e per questo inoffensivi una volta arrivati in Europa ed islamici di più salda Fede religiosa.
    Il musulmano molto assiduo nel pregare il suo Allah, una volta approdato sempre da noi, può comportarsi ed agire in differenti modi: o si limita a ritenersi superiore agli infedeli perché l’occhio del suo Allah si è posato su di lui e su coloro che lo pregano 5 volte al giorno, oppure mette in pratica quanto scritto nel Corano e fatto dal profeta Maometto.
    A me sembra che tu ti chieda se la radicalizzazione è iniziata a casa sua, se la professione di fede, la sua Fede, cioè quella di accoltellare e sgozzare vittime innocenti solo perché non musulmane, oppure è avvenuta in Europa sulla “spinta emotiva” causata da ragioni sociali, economiche, finanziarie etc generate da non so chi e concludi che è meglio non fare arrivare in Europa alcun musulmano.
    Io non riesco a pormi queste riflessioni, legittime certo, ci mancherebbe, perché quanto avviene in Europa, nella vicinissima Francia, mi fa sentire e capire quanto il pericolo islamico incomba su ebrei e cristiani, tutti indistintamente.
    Cerco estrarre dall’articolo di Gatestone di stamattina, il più brevemente possibile, quanto mi ha colpito perché il rischio Islam è attualissimo e richiede una consapevolezza da parte di tutti: Autorità di Governo e di ciascuno di noi.
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    Quello che poi mi fa riflettere è che quando nei fattacci c’entrano in qualche modo cittadini francesi, questi finiscono con l’essere vittime espiatrici della così detta mala-Giustizia (di Sn) È successo infatti:
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    M scuso se l’articolo per quanto tagliato è ancora lungo. Credo risponda a quanto più volte denunciato e discusso all’interno della CdC.: cioè dobbiamo diffondere e parlare all’esterno in ogni luogo e in ogni occasione perché la gente si renda conto della pericolosità dell’Islam. È per questo che immediatamente stamattina ho postato l’articolo su FB .
    Francesco Violini

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