ISABELLA MECARELLI: “VIAGGIO IN EGITTO – Il ritorno ad Assuan – (capitolo 30) – vedi galleria fotografica

Abbiamo lasciato il villaggio dei Nubiani al calar del sole. Mentre la luce scemava a poco a poco, gettando un velo malinconico sulle rive, dove lingue di sabbia pallida si alternavano a strisce di verde, che andavano via via sbiadendosi, Yasser nel frattempo ci istruiva sulle tradizioni di quel popolo riguardo alle nozze. Usanza vuole che la madre dello sposo esplori l’indole della probabile sposa, interrogandola su una questione basilare: se sia capace di preparare il tè o il caffè per gli ospiti, e se sappia offrire le bevande a modo, ossia senza versare una solo goccia. Tale abilità pare essere determinante per considerare adatta al matrimonio una fanciulla.

I Nubiani si sposano giovanissimi, la donna addirittura a 16 anni. Il matrimonio viene proclamato alla comunità con una cerimonia, dopodiché la sposa va ad abitare in casa del marito. L’impossibilità di avere figli è considerata una iattura. Tutti gli altri problemi che possono sorgere fra i coniugi, sono posti all’attenzione delle rispettive famiglie che intervengono per cercare di appianare i contrasti.

Mi chiedevo come potesse sopravvivere questa gente solo di turismo. Ma ho appurato che in effetti l’attività prevalente degli uomini è la pesca, mentre alle donne spetta, oltre all’andamento della casa e alla cura dei figli, anche il lavoro e la raccolta nei campi.

La navigazione al contrario si svolgeva in un’atmosfera placida, sognante. La mente affollata delle immagini vivide, variopinte, che avevano riempito la giornata, si quietava davanti al paesaggio che si andava via via immergendo nell’oscurità. Cullata dall’andamento tranquillo del barcone, contemplavo lo spettacolo: acque e terre, smaglianti di colore nel pomeriggio, si erano fatte sbiadite, prive dei contrasti e delle tinte che apparivano sfolgoranti al sole. Navigando su un Nilo color piombo, abbiamo sfiorato ancora gli isolotti di granito dove, ridotti a esili profili scuri, gli uccelli sostavano appollaiati, lo sguardo attento a scrutare le ultime prede della giornata.

Il Nilo ospita parecchie specie di volatili che vengono a svernare nella zona; l’ambiente è ricco di aironi bianchi o cinerini, di anatre, di folaghe, per citarne solo alcuni. Ci sono circa 400 specie di uccelli migratori che transitano in Egitto in primavera e in autunno spostandosi fra l’Europa e l’Africa. Ne passano a milioni. La valle del Nilo si può considerare uno dei più importanti corridoi migratori, un ponte fra i due continenti: in autunno si muovono dalla Scandinavia, dall’Europa orientale, dalla Siberia e dall’Asia centrale, per tornare indietro a ogni primavera.

Gli uccelli hanno sempre stimolato l’interesse e la fantasia degli Egizi, al punto che diversi di essi erano considerati sacri. Per questo venivano riprodotti con una precisione che evidenzia l’animo naturalista di questo popolo: li troviamo dipinti o scolpiti sulle pareti dei templi e delle tombe; compaiono a ravvivare le scene di caccia e di pesca di dignitari e faraoni, e in caso del re diventano simbolo del suo potere di abbattere gli spiriti nemici.

Le oche in modo particolare hanno ispirato gli artisti: le troviamo rappresentate in dipinti e rilievi che le raffigurano con stupefacente abilità e dovizia di particolari, a testimonianza dell’attenzione devota con cui venivano studiate. Diversi uccelli erano legati strettamente agli dei. Pensiamo a Horus, con la testa di falco, o a Thoth, dio della sapienza, della scrittura e della matematica, che aveva il volto dell’ibis. Perfino le anime degli Egizi erano spesso raffigurate con il corpo di uccello.

Da molto tempo tuttavia gli ibis, fra i più sacri simboli egizi, si sono allontanati da questa valle, ritirandosi molto più a sud o addirittura trasferendosi in… Italia. Sorprendente il loro avvistamento fra le risaie del Novarese. Ma ai tempi, nella valle del Nilo ce n’erano in quantità e come gli altri animali sacri, erano allevati dai sacerdoti, anche sacrificati e imbalsamati, e accolti in apposite necropoli.

Fra spiegazioni e divagazioni siamo arrivati alla fine della gita. L’ultima immagine di nota è stata un edificio imponente arroccato sulla scogliera di Assuan, proprio in faccia all’isola di Elefantina. Era il Sofitel Legend Old Cataract, l’albergo dove Agatha Christie scrisse il suo celebre “Assassinio sul Nilo”.

PASSEGGIATA NOTTURNA

Quella sera abbiamo goduto di una libera uscita. Dopo cena siamo sbarcati di nuovo, stavolta per esplorare la vita notturna di una città egiziana. Ci siamo inoltrati nelle strade del centro di Assuan, una sorta di grande suq, un consueto ambiente arabo. Percorrerlo senza meta, ma stando solo attenti a non perdersi, anche se non era poi tanto grande, è stato piacevole. Bighellonando tra una bottega e l’altra, attirati dai colori sgargianti delle merci, ci siamo rilassati, catturando particolari della vita degli abitanti, perché non si aggiravano solo turisti in cerca di emozioni, che la città ospita sempre in abbondanza, ma anche la gente del posto, che usciva in cerca di fresco, di acquisti, di dolci e di gelati refrigeranti.

I costumi delle donne erano i soliti: la maggior parte vestita di nero da capo a piedi; alcune con il volto coperto dagli occhi in giù e con una striscia che collegava l’incavo del naso alla sommità della fronte. Pochissime giravano a volto scoperto, probabilmente si trattava di cristiane. Ma l’atmosfera distesa stavolta attutiva la sensazione di disagio da cui ero assalita ogni volta che mi capitava di incrociarle.

Le luci vivide illuminavano le mercanzie che traboccavano dai negozi fin sul marciapiede. Torte elaborate, disegnate con ricami fantasiosi, brillavano come gioielli sugli scaffali delle pasticcerie. Ma le merci più caratteristiche erano le spezie, ce n’erano a montagne, di ogni colore e tonalità. Ammucchiate in modo ordinato, erano esposte sfuse o racchiuse in barattoli pronti per la vendita. A un certo punto sono rimasta a bocca aperta davanti a una bottega strepitosa, dove sfolgoravano spezie di ogni tipo, sistemate su scaffali dal bordo dorato. La luce le faceva brillare rendendo l’ambiente simile a un antro di Aladino. Doveva essere un commerciante ben ricco per permettersi un lusso del genere.

Rolando voleva acquistare i copricapi tipici di qui, una sorta di papaline di cotone, lavorate all’uncinetto con fili variopinti. Naturalmente, da levantino qual è, ha intavolato una contrattazione vivace; deciso a far scendere il prezzo per acquistarne anche da regalare, ha sfinito il negoziante, che finalmente ha ceduto con aria affranta, arrivando a una cifra economicissima. Dopodiché mio marito, indossatone uno, ha girato pavoneggiandosi per il resto della passeggiata.

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