Zoraya ter Beek, una giovane ragazza di 28 anni, in buona salute fisica, cittadina di un paese definito progressista, come l’Olanda, ha chiesto e ottenuto l’eutanasia, che avrà luogo nel prossimo mese di maggio.
Per la precisione, la ventottenne olandese è già da due anni e mezzo, in lista d’attesa, per essere sottoposta al suicidio assistito.
Finalmente, è arrivato il suo turno nel prossimo mese di maggio…
La ragazza è stata descritta come “sana” e “in buona forma fisica” dai medici. Tuttavia, Zoraya afferma che la propria salute mentale è compromessa, in maniera irrimediabile. In un’intervista, a un sito locale di notizie, Zoraya ha fatto sapere di combattere con problemi di salute mentale, fin da bambina: “Soffro di depressione, autismo e disturbo borderline della personalità”.
Zoraya, oltre ad essere in perfetta forma fisica, è felicemente fidanzata e vive con due gatti, che ama moltissimo. In foto si mostra curata, truccata e sorridente. Malgrado ciò, avrebbe scelto di andarsene, in così giovane età.
In quella che dovrebbe essere l’ultima intervista della sua vita, ha spiegato cosa l’ha spinta a prendere una tale drastica decisione. Zoraya ha affermato di avere richiesto di essere sottoposto ad eutanasia, perché: “Ho un po’ paura della morte, perché è l’ultima incognita“. Alla richiesta di chiarimenti, del suo intervistatore, la Ter Beek ha risposto di avere deciso di porre la fine assistita della sua vita, a causa delle sue battaglie contro la depressione, l’autismo e i disturbi della personalità (intervista di Redazione Observator, del 04.04.2024).
Zoraya ter Beek, che vive in un piccolo villaggio nei Paesi Bassi, vicino al confine con la Germania, sembra avesse desiderato diventare una psichiatra, dopo aver affrontato problemi di salute mentale, per tutta la vita e forse proprio per questo. La giovane sostiene di aver deciso di sottoporsi all’eutanasia, all’esito delle ultime diagnosi psichiatriche su di lei. I medici che l’avevano in cura, le avrebbero detto, senza mezzi termini: “Non c’è più niente che possiamo fare per te. Non migliorerai mai”. Zoraya ha precisato di avere avuto sempre le idee molto chiare sul fatto che, se qualcosa non fosse migliorata nella sua condizione, non avrebbe potuto più farcela.
In sostanza, questa ventottenne olandese, con problemi mentali, dichiara di non riuscire a far fronte a quegli stessi problemi mentali. E’ come se una persona che avesse le gambe paralizzate si stupisse di non farcela a camminare.
I Paesi Bassi sono diventati il primo paese al mondo a legalizzare il suicidio assistito, nel 2001. Da allora, come era prevedibile, l’eutanasia è diventata un’opzione molto popolare. Sono sempre più numerose le persone che decidono di porre fine alla propria vita, perché soffrono di problemi di salute mentale, come la depressione o l’ansia, amplificati dall’incertezza economica o da qualsivoglia altra problematica.
Ormai, in Olanda, le richieste di giovani che vogliono suicidarsi per “sofferenze psichiche non altrimenti curabili” sono talmente elevate che la gestione è diventata burocraticamente faticosa, con enormi lentezze applicative e, paradossalmente, liste di attesa di anni. Ci si trova in fila per morire, insomma.
Perciò, Zoraya ter Beek è solo una delle tante persone (in occidente e solo nell’occidente più democratico e sviluppato, si badi bene), che hanno deciso di morire, invece di continuare a vivere, in presenza di una qualche sofferenza.
Qui il punto non è l’esistenza di una malattia terminale, ma un disturbo che, pur arrecando dolore, potrebbe essere tenuto sotto controllo.
Quello che non si accetta, dunque, non è una prognosi infausta, ma il dolore. Non si accetta di dover soffrire. Si respinge il dolore, in qualsiasi grado e forma esso si presenti.
La ventottenne ha ancora spiegato: “Credo che l’eutanasia sia l’unica opzione accettabile in questo frangente. Quelli come me, che soffrono di gravi problemi di salute mentale, non hanno altra scelta per smettere di patire”
Zoraya ter Beek ha reso pubblica la sua volontà di essere cremata e di essere sottoposta ad eutanasia, restando adagiata sul divano del suo salotto: “Niente musica”, ha detto. La ragazza si aspetta di sorseggiare “prima una tazza di caffè, per calmare i nervi e creare un’atmosfera morbida”. Un medico gli somministrerà prima un sedativo, seguito da un farmaco che fermerà il suo battito cardiaco. Il suo fidanzato sarà al suo fianco, fino alla fine. La giovane paziente ha descritto lo svolgersi delle operazioni, secondo come le immagina: “Poi mi chiederanno se sono pronta. Prenderò il mio posto sul divano. Mi chiederanno ancora una volta se sono sicura e inizierà la procedura e mi augureranno un buon viaggio. O, nel mio caso, un sonno eterno, perché odio quando la gente dice: “Buon viaggio”. Non andrò da nessuna parte”.
E’ chiaro che non ci sia, in Zoraya, nessuna concezione spirituale dell’aldilà.
La giovane non vuole assolutamente i funerali, ma ha concordato con il suo fidanzato che dovrà spargere le sue ceneri in un “bel posto nel bosco” che hanno scelto insieme. 
Sembra tutto pianificato alla lettera, sembra tutto facile ed indolore.
Sembra persino bello.
L’operazione e la libera scelta che la sottende, appaiono, oggi, così giuste e condivisibili che persino il presidente della Corte Costituzionale, Augusto Barbera, non ritenendo più consono l’attuale impianto normativo italiano che espressamente vieta eutanasia e suicidio assistito, spinge per la promulgazione di leggi che li legittimino.
Risponde, con lucida prontezza, Mario Adinolfi “Se passi da un impianto normativo che definisce la vita come bene non disponibile a uno dove è l’autodeterminazione del singolo a poterne disporre, allora inevitabilmente passi da una civiltà che trattiene una ragazza che si sta per lanciare da un ponte a una che le dà una spinta per aiutare il suo suicidio”, infatti, conclude “Assecondare la volontà di morire con leggi apposite è l’ultima, definitiva follia, utile a chi coltiva il disegno di eliminare gli improduttivi perché curarli costa” (Mario Adinolfi, “LA RAGAZZA SUL PONTE”, 03.04.24).
Non posso fare a meno di aggiungere, su questa vicenda, il mio personale parere, che è assai meno pietoso di quello di Mario Adinolfi, il quale sta promuovendo una campagna per salvare Zoraya, che lui ha identificato come la ragazza che vuole buttarsi giù dal ponte.
Ho ascoltato le interviste rilasciate da questa giovane donna, soprattutto ho visto le sue foto, posate, con scrupolo, nei dettagli, nella posizione e nell’inquadratura. Ho osservato i suoi tatuaggi e la cura del suo abbigliamento. Ho letto del suo curriculum, delle sue patologie e delle relative diagnosi.
Ho preso atto della narrazione della sua breve vita, fin qui.
Tutto questo a me ha fatto pensare solo ad una forma esasperata e patetica di esibizionismo. Ci ho visto un volersi mettere al centro della scena, voler far parlare di se’, forse attirare facile compassione, suscitare la scontata approvazione del suo gesto, che si pretende ammantato dei più elevati e nobili valori etici.
Per me Zoraya è solo una narcisista, del tutto priva di qualsiasi altro contenuto valoriale, spirituale ed umano. E’ una ragazza sprovvista di cultura, ma molto ben ancorata agli idoli ed ai feticci del suo tempo. Non ha mancato di farsi tatuare, pesantemente, come la moda prescrive e adesso non manca di annunciare, con il megafono, il proprio suicidio, secondo le ultime tendenze del momento.
Ciò che sovrintende ai costumi della attuale società (preciso sempre quella occidentale) è la MODA. Ciò che va di moda, ciò che tutti dicono, ciò che tutti pensano, ciò che tutti fanno.
Io credo che la scienza psichiatrica contempli proprio il rischio suicidario fra gli effetti patogeni dei disturbi mentali. Inoltre, sappiamo che esiste ampia e diffusa letteratura medico legale sulla reale capacità di intendere e di volere (e dunque di decidere consapevolmente) delle persone affette da malattie psichiatriche.
Ricordo che la medicina, una volta, era la scienza della cura delle malattie e del salvataggio delle vite umane, ad ogni costo ed in ogni situazione.
Sovvertire questo concetto con il malintepretato ed onnipresente “diritto alla autodeterminazione”, sulla base della nuova etica che ognuno deve fare quello che vuole, quando vuole e come vuole, significa disconoscere i più elementari cardini della legge della vita, della sopravvivenza e della riproduzione umana, significa porre la parole fine alla nostra millenaria civilità.
Tutto questo porta alla nostra naturale autodistruzione ed alla nostra inevitabile sostituzione con altre culture, che intanto, mentre tutto questo accade, stanno premendo sui nostri confini ideali…
Concludo con un pensiero, che so bene non farmi onore, ma che non posso trattenere.
Non ho nessuna compassione per Zoraya e non mi sento coinvolta nella campagna per la sua salvezza. Penso che questa donna si meriti pienamente le scelte scellerate che sta sbandierando, impudicamente, davanti a tutto il mondo.
Sempre ammesso che poi le realizzi davvero.
Che Dio mi perdoni.

Lastra a Signa, 05.04.2024

STEFANIA CELENZA

1 commento su “Oggi va di moda morire

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