Ascolta la poesia con la voce di Giorgio Bongiorno
Quando bambino correvo
Fra i rovi a raccogliere le more
Vedevo la luce delle bacche
Da lontano
Al sole cocente del meriggio
mi paiono ora così alte
Mature
Irraggiungibili
Vorrei tanto sentire quei profumi dell’infanzia
Così intensi
Così irripetibili
E quelle tenere emozioni
Che allora sfuggivano come uccelli scoperti
Con un rapido battito d’ali
E vorrei ci fossero tutti
Riuniti come allora
A correre a nascondersi fra i rovi
Quegli allegri compagni di gioco
Ora uomini maturi
Scomparsi ad uno ad uno e caduti nel vento
come foglie d’autunno
Le more oggi
Le vedo come fiori
Variopinti
Corolle colorate di notalgia
Mazzi di nettare messi lì dagli angeli
In una sfida celeste
Come succede nei sogni
A impreziosire le spine dei cespugli
E a ricordare quei volti
Quelle corse
Quei sorrisi e quei lontani schiamazzi
Sono molto vivide le immagini che mi ha suscitato la tua poesia, caro Giorgio.
Fortunatamente posso ancora inoltrarmi nei rovi di more e nei cespugli di lamponi selvatici in modo che almeno nelle fresche estati montane il loro profumo, colore e, soprattutto, sapore rinfreschino il ricordo. Leggendola mi sono vista, per l’appunto nei boschi del Passo di Zambla con il mio bel cestino…
Grazie!!