DAVIDE MARIA ROSARIO FICARRA: “Il Morgante di Pulci. Inventiva, eterogeneità e mutevolezza per una materia epica e cavalleresca riletta in chiave dissacrante e parodica”

Quello dei poemi epico-cavallereschi è un genere letterario a cui appartengono opere destinate a cantare l’amor patrio e i valori politico-religiosi intorno ai quali ruotano le istanze di consolidamento della tradizione epica delle Origini.

Nel passaggio dall’età feudale a quella comunale i poemi cavallereschi, che avevano consolidato la loro tradizione attraverso l’esperienza delle “chansons de geste” di epoca carolingia, continuano ad avere fortuna e vanno progressivamente a caratterizzarsi come un genere sempre più legato agli ambienti popolari, in alternativa rispetto alla produzione colta ed aristocratica.

Si cominciano ad affermare, infatti, i cantari cavallereschi, cioè poesie recitate e cantate, accompagnate anche con l’ausilio di uno strumento musicale, che vengono offerte da giullari e da canterini girovaghi attraverso esibizioni nelle piazze delle città.

I cantari sono componimenti narrativi con una versificazione che ripropone la struttura dell’ottava, cioè di strofe di otto versi con rime perlopiù alternate e con una musicalità semplice, finalizzata all’agevolazione della memorabilità dei testi.

Se all’origine il proposito era quello di sensibilizzare il popolo su tematiche legate al sentimento religioso e al coinvolgimento politico nei riguardi di eventi che interessavano i destini dei regni e della realtà politico-militare dell’impero carolingio, con l’andare del tempo gli interpreti tendono sempre più a venire incontro alle richieste di un pubblico ingenuo e desideroso di divertirsi attraverso l’impiego dell’immaginazione e della fantasia.

Si verifica la fusione del ciclo carolingio e del ciclo bretone. I personaggi che ruotano attorno alla corte di Carlo Magno (Orlando e Rinaldo tra gli eroi più significativi) si trovano ad agire all’interno di atmosfere e a vivere avventure che hanno, come movente principale, l’amore.

La materia narrata nei cantari viene ripresa anche da poeti colti e appartenenti alle corti. Pulci, Boiardo e Ariosto sono gli scrittori che si fanno interpreti principali di questa produzione che attinge a una tematica popolare rivisitata e riproposta in una veste letteraria e colta.

Particolarissima è l’operazione di Luigi Pulci, nel quale lo spirito dei cantari cavallereschi è più forte che in Boiardo e in Ariosto. Autore del Morgante, Pulci persegue un intento giocoso che interpreta in maniera singolare la tradizione borghese affermatasi anche in ambiente fiorentino.

Scrittore appartenente alla cerchia degli intellettuali che agiscono all’interno della Signoria dei Medici, Pulci rivivifica una tendenza che affonda le sue radici in un passato in cui, a Firenze, si era già affermato un atteggiamento dissacrante e trasgressivo e che ha visto, proprio in epoca comunale, esempi eclatanti della poesia comico-parodica come Cecco Angiolieri e il Burchiello.

Il Morgante è un poema in ottave che prende il titolo da Morgante, un personaggio che lo stesso Pulci inventa e che è un eroe dall’aspetto di un gigante. Dopo aver dato prova di coraggio e di valore militare, egli incontra il personaggio di Margutte, un mezzo gigante dall’atteggiamento furfantesco e totalmente antieroico, e comincia a vivere avventure divertenti e improntate al ribaltamento di quelle virtù che qualificano lo spirito originario del genere stesso.

La narrazione di quest’opera, in realtà, non ha uno sviluppo organico e lineare, né unitario. Si tratta di un insieme di episodi retti da un ordine casuale. Lo stesso Morgante, che dà il titolo all’opera, non è in realtà il vero protagonista della vicenda ma un personaggio secondario e accessorio.

L’intento originario di Pulci era quello di riprendere e di rielaborare la tematica dell’Orlando, un cantare popolaresco con protagonista Roland, il più valoroso dei paladini di Carlo Magno che, nella battaglia di Roncisvalle, a guida delle retrovie dell’esercito franco, perde la vita battendosi alacremente contro l’esercito dei Saraceni.

Nel Morgante, pubblicato in due redazioni, una del 1478, non pervenutaci, e una del 1483, le avventure dei paladini francesi si arricchiscono di vicende comiche e hanno come momento conclusivo quello della morte di Orlando per via del tradimento di Gano e quello della morte dello stesso Carlo Magno, ritratto, in quest’opera, come un uomo oramai anziano e rimbambito.

Di fatto, la realizzazione del progetto iniziale da parte di Pulci si caratterizza poi per una rilettura dei contenuti tradizionali in chiave parodica. Facendo capo a una materia cavalleresca che gli fornisce ampia possibilità di dar sfogo all’azione creativa della fantasia, l’autore fornisce un ampio quadro di avventure dalle tonalità differenti, che vanno dalle vicende buffe e furfantesche a quelle in cui si percepisce un sentimento eroico più in linea con la tradizione, fino a momenti malinconici e conditi di dolcezza. L’opera acquista un carattere di eterogeneità che non disdegna anche le tonalità serie e improntate a una pensosità più intima.

Mutevolezza e varietà, dunque, a caratterizzare il progetto letterario di Pulci che risponde pienamente al proposito di dar voce al potere inventivo e alla forza creativa e individuale dell’ispirazione del poeta. Tutta orientata in funzione del proposito di alimentare le capacità soggettive di forgiare una materia poetica che non richiede alcun omaggio al passato e alla classicità, il Morgante è un’opera rivoluzionaria e derisoria, fino all’eccesso.

Pulci persegue l’obiettivo di infrangere la norma: il riferimento iniziale alla trama dell’Orlando, il cantare che fa da fonte dalla quale egli prende spunto, è superato dal potere travolgente della fantasia che deforma ogni riferimento alla tradizione.

Margutte, il mezzo gigante ribelle, amico di Morgante, è un personaggio emblematico del progetto letterario perseguito da Pulci. Egli gode nell’infrangere ogni norma, ride causticamente di ogni virtù, ribalta diametralmente tutte le convenzioni. Margutte si distingue per non rispettare alcun condizionamento della moralità: bestemmia, truffa, sfrutta le donne, deruba e mente spudoratamente. Il ritratto totalmente irriverente di questo personaggio culmina, poi, nella confessione del parricidio da lui perpetrato.

L’uccisione del padre ha un valore simbolico: la figura del padre è per eccellenza la dimensione dell’autorità. L’uomo che agisce in maniera irregolare e deviante è ribelle proprio in quanto si contrappone alla figura paterna.

L’eccesso di trasgressione non ha però un intento satanico di ribaltamento in chiave antireligiosa. Non sarebbe pertinente proporre una simile lettura rispetto alle premesse ideologiche di epoca umanistico-risorgimentale rispetto alle quali Pulci, pur ribelle, non intende risultare in una posizione di totale rifiuto.

Non è ravvisabile in Pulci la volontà di inneggiare, compiacendosene, al male, secondo un gusto romantico che è certamente di là da venire. Si tratterebbe di un anacronismo non rintracciabile in un autore che presenta una fisionomia del tutto particolare ma che, pur dissacrante e beffardo, interpreta l’umanesimo secondo una faccia diversa ma intrinseca a questo movimento culturale.

Esiste bensì in Pulci un gusto giullaresco e carnevalesco la cui finalità principale è quella di rovesciare la serietà del clima classicista del tempo e di giocare scherzosamente, attraverso burla e bestemmie, con i temi tradizionali reinterpretati in chiave sarcastica.

Sembra più coerente la possibilità di inquadrare Luigi Pulci all’interno di un’ottica secondo la quale egli è un intellettuale che ha preso a tal punto consapevolezza della normalità da potersi permettere di prendersene gioco.

La sua è l’esaltazione di un modello esistenziale irregolare, votato al piacere e al gusto profano della carnalità, nel beffardo rifiuto della sacralità spirituale nobile e lontana dal popolo. Il mondo raffinato dell’ambiente mediceo viene arricchito di una vena borghese e cittadina che fornisce un’altra faccia di quella realtà ideale e perfetta che, nel momento stesso in cui viene rifiutata, per converso riacquista valore e condivisibilità.

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