Israele non ha ancora vinto la guerra esterna contro Hamas, ma ha già perso la battaglia interna dell’unità nazionale

Cari amici buongiorno e buon inizio di settimana. Mi auguro di cuore che stiate bene in salute fisica, mentale e spirituale.

Dopo oltre 7 mesi dal pogrom perpetrato dai terroristi islamici di Hamas il 7 ottobre 2023, Israele non ha ancora vinto la guerra contro il nemico più letale che persegue deliberatamente la sua distruzione, ma ha già perso la battaglia più importante sul fronte interno, con la disgregazione dell’unità nazionale, che ha sempre unito tutte le forze politiche quando è a rischio la sopravvivenza dello Stato del popolo ebraico.

Non era mai accaduto in 76 anni, dalla sua fondazione nel 1948, che Israele gestisse una guerra con un Governo talmente lacerato da scontrarsi, ininterrottamente, sulla strategia da adottare, sulla gestione militare sul terreno, persino sugli obiettivi da perseguire. Il cosiddetto “Gabinetto di guerra” è un’arena di conflittualità permanente a suon di minacce e ultimatum.

Il più recente, e apparentemente, l’ultimatum più serio, è quello profferito il 18 maggio da Benny Gantz, ex Capo di stato Maggiore dell’IDF (Forze di Difesa Israeliane) e leader di “Resilienza per Israele” e del “Partito di unità nazionale”, di uscire dal Governo di unità nazionale costituito nell’ottobre 2023 subito dopo il più sanguinoso pogrom in territorio israeliano, se entro l’8 giugno il premier Netanyahu non formulerà un piano per la gestione complessiva della guerra.

L’eventuale abbandono di Gantz non porterebbe alla fine della legislatura, perché Netanyahu conserva una maggioranza di 64 seggi su 120 alla Knesset, ma sicuramente si tradurrebbe in una crisi politica con pesanti conseguenze militari.

Il 13 maggio il Ministro della Difesa Yoav Gallant ha pubblicamente chiesto un piano per il dopoguerra e ha avvertito che si sarebbe opposto al dominio israeliano a Gaza. Gallant ha messo in guardia sulle conseguenze di una presenza militare israeliana a lungo termine nella Striscia e ha denunciato direttamente Netanyahu.

Subito dopo l’ultimatum di Gantz, il Ministro della Sicurezza nazionale e leader del partito “Potere Ebraico”, Itamar Ben-Gvir, ha chiesto a Netanyahu di sciogliere il Gabinetto di guerra e «defenestrare» Benny Gantz, Yoav Gallant e Gadi Eisenkot (ex Capo di Stato Maggiore dell’IDF e dello stesso partito di Gantz). Ben-Gvir ha detto al sito Yedioth Ahronoth che «questo è un governo di destra: ci sono candidati eccellenti e buoni, Netanyahu avrà qualcuno da nominare».

È intervenuto anche il leader dell’opposizione israeliana, Yair Lapid, che non ha aderito al “Governo di unità nazionale”, esortando Gantz e i suoi ministri a «uscire» dal Governo: «Basta con le conferenze stampa, basta con gli ultimatum vuoti, fuori! Se non fossi al governo, saremmo già nell’era post-Netanyahu e Ben-Gvir. Il fatto che Netanyahu sia ancora al potere è già registrato a tuo nome».

Gantz ha detto che «È necessario un cambiamento qui e ora»; che il suo «Partito di Unità Nazionale farà tutto il possibile per cambiare rotta, per evitare uno schianto contro il muro e per garantire che Israele navighi in sicurezza verso una vera vittoria. Mentre i soldati israeliani stanno dimostrando un coraggio incredibile al fronte, alcune delle persone che li hanno mandati in battaglia agiscono con codardia e mancanza di responsabilità. Mentre negli oscuri tunnel di Gaza gli ostaggi subiscono le agonie dell’inferno alcuni politici pensano a se stessi. Nel sancta sanctorum della sicurezza israeliana, considerazioni personali e politiche hanno cominciato a penetrare».
Secondo Gantz, Netanyahu deve scegliere tra «vittoria e disastro, se scegliesse di condurre la nazione nell’abisso, ci ritireremo dal governo, ci rivolgeremo al popolo e formeremo un governo che possa portare a una vera vittoria».
Gantz chiede l’eliminazione di Hamas, il ritorno degli ostaggi, un governo alternativo nella Striscia, riportare i residenti israeliani nel nord di Israele e sforzi per la normalizzazione con l’Arabia Saudita.
Specificatamente Gantz chiede un’amministrazione internazionale, araba e palestinese per gestire gli affari civili a Gaza, con l’assistenza dell’Arabia Saudita, fortemente sostenuta dagli Stati Uniti.

Netanyahu, dal canto suo, ha denunciato Gantz perché «ha lanciato un ultimatum al primo ministro, invece, di lanciarlo ad Hamas. Le sue richieste significano la fine della guerra e la sconfitta per Israele, abbandonare la maggioranza degli ostaggi, lasciare Hamas al potere e creare uno Stato palestinese».
E ancora: «Gantz vuole vedere l’operazione a Rafah arrivare fino alla fine e, in tal caso, perché minaccia di rovesciare il Governo di unità durante l’operazione dell’IDF? Si oppone al governo dell’Autorità Palestinese a Gaza, anche se Mahmoud Abbas non è coinvolto? Sarebbe favorevole a uno Stato palestinese come parte di un processo di normalizzazione con l’Arabia Saudita?».
E chiarisce: «Netanyahu è determinato a eliminare i battaglioni di Hamas, si oppone a portare l’Autorità Palestinese a Gaza e a creare uno Stato palestinese che sarà inevitabilmente uno Stato terroristico».

Ed ecco la controreplica di Gantz a Netanyahu: «Se il premier mi avesse ascoltato, saremmo entrati a Rafah mesi fa e avremmo concluso la missione. Dobbiamo finirla e creare le condizioni per farlo. L’Autorità Palestinese non dovrebbe governare la Striscia, mentre potrebbero farlo altri palestinesi, con il sostegno dei Paesi arabi e degli Stati Uniti. Il primo ministro dovrebbe occuparsi di questo e non boicottare questi sforzi».

I sondaggi in Israele di fatto bocciano sia Netanyahu sia Gantz. Un sondaggio che Channel 12 ha affidato a Midgam/Mano Geva in collaborazione con iPanel, attribuisce a Netanyahu un indice di gradimento solo al 32% e a Gantz al 35%. Più alto è il gradimento dei comandanti militari sul campo, Gallant è al 43%, mentre Herzi Halevi, attuale Capo di Stato Maggiore dell’IDF, è al 46%.

Israele è l’unico Stato al Mondo che non può permettersi di perdere una guerra, perché sarebbe l’ultima guerra. Per vincere la guerra Israele deve avere un Governo unito e un esercito forte.
È chiaro che, subito dopo la guerra, in parallelo al processo sulle pesanti responsabilità di chi avrebbe dovuto prevedere e prevenire il sanguinoso pogrom dei terroristi islamici di Hamas del 7 ottobre 2023, s’impone una riconsiderazione della “democrazia” con un radicale cambiamento del sistema elettorale, incentrato non più sulla più ampia rappresentatività dei partiti, ma sull’assoluta governabilità dello Stato.

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Magdi Cristiano Allam
Fondatore della Casa della Civiltà

Lunedì 20 maggio 2024

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