SIMONETTA ERCOLI: “Viaggiando per deserti: un intreccio tra ricordi, sapere ed emozioni”

Il deserto è una zona geomorfologica della superficie terrestre, in cui si ha un elevato indice di aridità, cioè il rapporto tra l’indice di piovosità (mm di pioggia ricevuti all’anno, in genere inferiore ai 250) e la quantità di energia solare incidente per unità di superficie. I deserti compongono circa un terzo della superficie terrestre e sono in costante espansione a causa delle trasformazioni climatiche e geomorfologiche del pianeta. La loro superficie è costituita da diversi tipi di elementi incoerenti, che in assenza di umidità non riescono a coagulare per formare strutture geologiche più complesse, da ciò ne deriva un difetto di suolo e di vegetazione. Possono essere caldi e freddi in base agli intervalli di temperature annue raggiunti nei rispettivi ambienti. I deserti freddi si trovano prevalentemente alle medie e alte latitudini dove, nelle stagioni più rigide, i valori scendono molto sotto lo zero. Essi possono essere coperti da ghiaccio o nevi perenni e spesso sostengono variazioni climatiche stagionali più marcate rispetto a quelle che interessano i deserti caldi. Questi ultimi occupano le fasce a cavallo dei tropici, dominate da aree di alta pressione, che nella circolazione generale dell’atmosfera tengono lontane le masse d’aria umida provenienti dagli oceani. Durante il dì le temperature possono raggiungere anche i 50°, mentre di notte il suolo si raffredda rapidamente e arriva anche allo zero; questa escursione termica giornaliera rende la vita possibile solo nelle oasi, che si aprono come macchie di verde più o meno ampie nei punti in cui l’abbondante acqua presente nel sottosuolo confluisce in falde freatiche consistenti. Lungo il tropico del Cancro, detto anche Continente antico, si estende il deserto tropicale che parte dal Sahara nel nord Africa e giunge fino al deserto del Gobi in estremo oriente; mentre nell’America del nord i deserti sono concentrati negli stati occidentali degli Stati Uniti, Nevada, Arizona e California. Lungo il tropico del Capricorno si estendono le zone desertiche del Cile, dell’Australia e dell’Africa, Kalahari e Namib. 

Magica Siwa

 

Il deserto, una parola che sembra non lasciare nulla dentro la mente. Cerchi di immaginarlo, ma in realtà riesci solo a visualizzare qualche bella foto, sbirciata qua e là nelle pagine di una rivista o di qualche libro… Solo un’occhiata: troppo esotico, troppo estraneo per te, abituata al verde delle macchie e dei boschi adagiati sui profili dolci dell’Umbria.

Nel buio della notte, mentre tutto attorno a noi è il nulla, nel rumore monotono del motore, nella radio che trasmette versetti del Corano c’è una strana forma di magnetismo che tutto fa sembrare perfettamente normale ed usuale: il correre nella notte a fari spenti, sotto un cielo stellato che così non si è mai visto. Corre veloce il nastro d’asfalto sotto di noi, giù in discesa, ingoiato dal buio profondo della notte. Ma quando finisce questa discesa?! Dove finisce?!… All’oasi di Siwa!

L’oasi di Siwa (29°11’18’’ lat. N – 25°30’55’’ long. E, –17 m s.l.m.) si trova in pieno deserto del Sahara: circa 300 km a Sud della costa mediterranea, 750 km a Ovest dal Cairo e 40 km a Est del confine libico, che corre rettilineo per 1200 km dal mare fino in Sudan. Siwa, vasto palmeto disseminato di orti e oliveti e costellato da laghi, con acque dolci o salate alimentate da sorgenti profonde, offre un paesaggio affascinante e remoto, ricco di reperti archeologici. 

 

Magica Siwa,

lembo di fango

strappato all’acqua salata.

 

Magica Siwa,

colori di terra

graffiati dal rosso e rosato

del cotto.

 

Magica Siwa,

immersa nella luce

calda, intensa, sensuale

del crepuscolo,

sbiadita, appiattita

nel lampo metallico

del mezzogiorno.

 

Magica Siwa,

avvolta, come un vecchio film muto,

da silenzi ovattati, invadenti,

benefico deserto dell’anima.

 

L’oscurità ci abbraccia e si dilata, spezzando i confini tra terra e cielo. Sembra un tuffo nell’infinito, da cui emerge uno spazio sempre più vasto, sempre più sfavillante di luci grandi e piccole, nitide, che ammiccano prima in modo indefinito, poi prendono forma in disegni noti. E riconosco il cielo amico delle notti italiane… Qui così vicino, così vicino…

È forte il desiderio di allungare la mano per sfiorare quella immensità!

 

Quello Scorpione, costellazione estiva notevolmente a sud dell’equatore celeste, che è molto bassa sull’orizzonte alle nostre latitudini, qui troneggia sul lago salato nella sua interezza. Con la sua stella α Antares, dal greco “simile a Marte”, per il colore rossiccio come quello del pianeta. E’ distante da noi 600a.l., ha un diametro enorme pari a 750 volte quello del Sole ed è 10.500 volte più luminosa della nostra stella.

Per le popolazioni delle Americhe la Madre Scorpione dimora in fondo alla Via Lattea, dove raccoglie le anime dei morti; le tribù Pawnee e Cherokee raccontano:

 

Le anime dei morti sono accolte da una stella all’estremità settentrionale della Via Lattea, là dove questa si biforca: essa indirizza i guerrieri lungo il sentiero fioco e difficile, e le donne e coloro che muoiono di vecchiaia lungo il sentiero più luminoso e più facile. Le anime viaggiano dunque verso sud: alla fine del sentiero celeste sono accolte dalla Stella degli Spiriti, e là dimorano”.

 

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