STEFANIA CELENZA: “L’educazione dei figli, il compito più difficile del mondo”

E’ estremamente affascinante attingere dalla saggezza di chi ci ha preceduto, di chi ha vissuto in tempi e mondi che sembrano diversi da quelli odierni, per trovare insperati suggerimenti che possano essere utili alla nostra attualità.
Rudolf Steiner, padre della controversa scienza antroposofica, ma, a mio avviso, comunque una mente illuminata, nel 1923, svolse un ciclo di conferenze di pedagogia, ritenendo l’argomento assolutamente urgente nella società a lui contemporanea.
Anche la nostra realtà, esattamente un secolo dopo, ci mostra questa urgenza.
Dobbiamo prendere coscienza che oggi siamo difronte alla fine della famiglia, al totale disinteresse verso la procreazione e ad un vero attacco all’infanzia, tanto che può sembrare addirittura superato il problema educativo.
Oggi, la funzione educativa, quando non costituisce motivo di conflitto e di
rivendicazione, viene delegata, allontanata da se’, sottovalutata, quasi dimenticata.

I bambini vengono intellettivamente stimolati, sempre più presto, prevalentemente
attraverso la tecnologia, cosicchè ricevono informazioni e sollecitazioni non collegate ad alcuna esperienza reale, perchè in gran parte virtuali.
Ormai risulta evidente che qualcosa non funziona nell’attuale sistema sociale, riguardo alla educazione dei minori, perchè si osserva un numero sempre più rilevante di giovani apatici, sfiduciati, rassegnati, privi di entusiasmo, opachi, se non addirittura violenti.
Ci lamentiamo sempre più spesso della totale assenza dei giovani dai contesti di
discussione, di confronto e persino di ribellione (istinto che era tipico della giovinezza).
Quello che insegnava Steiner, a riguardo, è che l’educazione dei figli, la pedogagia esige una costante autodisciplina, un tensione continua al miglioramento di se’ stessi, in modo da costituire per i figli un modello umano, anche se di certo non perfetto, tuttavia sempre volto alla continua crescita morale e spirituale. Non si tratta, dice Steiner, di istruire, in senso tecnico, ma si tratta di formare degli individui liberi da condizionamenti, in modo che il pensiero, il sentimento e la volontà cooperino in armonia. Quello che la testa sa non deve restare mera erudizione, ma deve passare attraverso l’entusiasmo e divenire azione utile per il mondo.
Questi sembrano concetti enormi. Difficili. Ma bellissimi.
Eppure, già il tempo in cui visse questo pensatore era corrotto e contaminato, già allora era diffuso l’individualismo, l’egoismo, già allora si accettava passivamente la logica di mercato ed in nome del “dio profitto” si riversavano sulla umanità menzogne, crudeltà e sopraffazioni. Non è un caso che si siano diffuse, nella società della fine dell’ottocento e dei primi del novecento, filosofie reazionarie, alternative al pensiero dominante del sistema. Quanta similitudine con i giorni di oggi.

Rudolf Steiner, nella turbolenta realtà della sua epoca, concepiva la verità universale,
come una manifestazione spirituale. Egli affermava che occorreva studiare e
comprendere la realtà, mediante la cosiddetta “scienza dello spirito” o antroposofia, che egli riteneva essere un vero e proprio approccio scientifico alla conoscenza della verità.
Occorre, cioè, partire dalla introspezione profonda di se’, per comprendere la oggettività materiale. Tutto è in funzione della propria spiritualità ed è in se’ stessi la chiave di qualsiasi disciplina. Steiner si è interessato oltremodo di pedagogia, in quanto scienza anch’essa della educazione dei futuri cittadini, degli uomini del domani, dovendo essere una educazione improntata alla positività e all’entusiasmo.
Steiner raccomandava, infatti, di proporre al bambino piccolo solo esempi positivi, che egli possa imitare. Durante la sua crescita occorre presentare al bambino ogni materia con immagini belle, intessute di elementi formativi (morali), che sviluppino entusiasmo per il bene. Parafrasando Rudolf Steiner si può dire che ogni moto dell’anima verso il bello del mondo, ogni pensiero di gratitudine verso chi ha creato tanta bellezza,
l’entusiasmo per la conoscenza, l’agire positivamente verso l’umanità e verso il mondo, tutto questo è “morale”. Concetti semplici, ma estremamente importanti.
Per questo egli raccomandava a chi vive accanto ai bambini una continua
autoeducazione, una attenzione alla propria vita interiore, perchè quello che
maggiormente forma, nella età evolutiva, è ciò che lo stesso educatore è, quale modello umano. E’ davvero interessante rinvenire la indiscutibile attualità delle parole di un filosofo di una secolo fa “Oggi, in generale, si sente che la civiltà si trova in uno stato di rapida transizione e che, per la costituzione della vita sociale, abbiamo bisogno di ricorrere a qualcosa di nuovo, a qualcosa che ci elevi. Si sente già oggi quel che ancora fino a poco tempo fa si sentiva poco, che cioè il bambino è divenuto davvero un essere diverso da quello che era fino a poco tempo addietro. Si sente che la vecchiaia riesce oggi a tener testa alla gioventù molto più difficilmente di una volta. Ma l’arte della educazione e dell’insegnamento di cui debbo ora parlare tiene molto conto dell’intimo cammino della civiltà umana, di quello che nel corso del tempo trasformò le anime degli uomini, dell’evoluzione che le anime degli uomini attraversarono nel corso dei secoli, anzi dei millenni. Si cerca di approfondire come appunto oggi ci si possa avvicinare all’uomo nel bambino. Si ammette in genere che, nella natura, le epoche che si susseguono presentano delle differenziazioni”.
E’ intrigante questo accostamento dell’infanzia alla infanzia stessa dell’umanità.
“Quando il bambino impara a parlare, anche se non capisce le parole in pensieri e solo “sente”, vive però nel sentimento del linguaggio, e dopo il parlare, se si evolve normalmente, impara a pensare. Nel bambino in realtà i pensieri si sviluppano dalle parole. Proprio come il camminare e l’afferrare e i movimenti delle gambe e delle mani si riflettono nell’organismo del linguaggio, ciò che vive nell’organismo del linguaggio, addattandosi al lingaggio del suo ambiente, passa agli organi del pensiero e il bambino sviluppa così la terza tappa, quella del pensare”.
Mi ha colpito questa analisi della costruzione del pensiero, attraverso il linguaggio.
“Come è necessario, aiutando il bambino a camminare, immergere tutto nell’amore e, poiché il bambino imita interiormente quel che avviene attorno a lui, come è necessario che nell’insegnargli a parlare ci sforziamo di esercitare la più schietta veracità, così è pure necessario che pensando attorno al bambino noi facciamo regnare la chiarezza. Il peggio che possiamo fare al bambino, quando attorno a lui diamo una disposizione qualsiasi, è che poi la ritiriamo dicendo qualcos’altro, creando così confusione. Suscitare disordine per mezzo del pensare attorno al
bambino è la vera causa della nervosità umana, nella attuale civiltà. Perchè tanta gente della nostra epoca è nervosa? per la semplice ragione che non si è pensato in modo preciso e chiaro attorno al bambino che, dopo aver imparato a parlare, imparava a pensare.”

Ho trovato questo concetto della esigenza di chiarezza davvero fondamentale, non solo per la educazione dei figli, ma per la nostra stessa esistenza. E’ l’uomo che, per sua natura, ha bisogno assoluto di certezze e la certezza poggia principalmente sulla
chiarezza. I messaggi devono essere chiari, per conferire certezza e dunque serenità.
La mancanza di chiarezza disorienta, disturba, confonde e, come diceva Steiner,
innervosisce.
Queste osservazioni sono, a mio avviso, alquanto incoraggianti ed illuminanti. Non
solo per i bambini, ma per gli adulti di qualsiasi età. Si comprende come il figlio
rappresenti una parte di noi stessi, una occasione di crescita e di maturazione interiore continua, un motivo di automiglioramento. Il figlio rappresenta la nostra immortalità, attraverso un impegno costante verso il bene. L’impegno di essergli modello, esempio e specchio di vita. Una responsabilità enorme, ma benefica per noi stessi.
“Un adulto che rimanga egosita è come un frutto che resta acerbo, fino ad indurirsi in se’ stesso, mentre, al contrario, coltivando ideali di fratellanza, si maturano forze di vero progresso e di rinascita spirituale.” Sembrano proprio gli insegnamenti di cui abbiamo bisogno oggi.
In una epoca in cui l’affermazione spasmodica del proprio ego è un impulso sentito e inculcato fortemente in tutti e dovunque, superare l’egoismo diventa un nuovo ideale, una sfida, una tappa evolutiva necessaria dell’umanità.
Per dirla con Rudolf Steiner “Se ciò non accadesse, se dovesse prevalere l’egoismo attuale, allora l’umanità andrà incontro ad una spaventosa decadenza, se non ad una vera catastrofe”, oggi nel 2023, come nel 1923.

Firenze, 28.02.2023

Stefania Celenza

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