MAGDI CRISTIANO ALLAM: “Sosteniamo la sdemanializzazione del terreno su cui sorgono gli stabilimenti balneari per salvaguardare i beni di 60 mila cittadini italiani onesti che creano ricchezza”

Buongiorno e buon inizio di settimana cari amici. La vicenda dell’imminente esproprio degli stabilimenti balneari, come conseguenza del blocco delle concessioni demaniali sui cui terreni sono stati costruiti, rappresenta il caso più emblematico della realtà dello Stato che opera contro il bene primario degli italiani e contro l’interesse supremo dell’Italia.

La posta in gioco è il futuro di 6.592 stabilimenti balneari, gestiti per oltre il 90% da micro e piccole imprese familiari, tutti italiani, che occupano 60.000 addetti di cui 43.000 dipendenti, con un fatturato medio di 260.000 euro all’anno per azienda. Grazie a queste micro e piccole aziende italiane a gestione prospera tutto l’indotto che sta alle spalle degli stabilimenti balneari, dagli alberghi ai ristoranti, dagli esercenti commerciali ai locali di divertimento, dalle costruzioni edili e delle infrastrutture ai trasporti, complessivamente un giro d’affari stimato in circa 10 miliardi di euro all’anno.

Il Consiglio di Stato, la massima istanza della magistratura amministrativa di nomina politica, intervenendo su un ricorso presentato dall’“Autorità garante della concorrenza” (Agcm), anch’esso di nomina politica, contro il Comune di Manduria (Taranto), lo scorso 10 marzo ha dichiarato illegittima la proroga delle concessioni balneari al 2024 e «le disposizioni legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni non devono essere applicate», perché «sono in contrasto con l’articolo 12 della direttiva europea».

La legge pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 27 febbraio 2023 stabilisce la proroga alle concessioni balneari fino al 31 dicembre 2024 e fino al 31 dicembre 2025 per i Comuni alle prese con un contenzioso in essere o con «difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa».
Lo stesso Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel promulgare la legge, l’ha accompagnata con una lettera di riserve in cui boccia la proroga perché è in contrasto con la legge europea sulla concorrenza, a sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la sentenza del Consiglio di Stato e l’impegno assunto dal Governo italiano presieduto da Mario Draghi. Queste le motivazioni indicate dal Capo dello Stato: «Questa materia è da tempo all’attenzione della Corte di Giustizia Europea che ha ritenuto incompatibile con il diritto europeo la proroga delle concessioni demaniali marittime disposta per legge, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati. Le predette disposizioni del decreto-legge e della legge di conversione, oltre a contrastare con le ricordate definitive sentenze del Consiglio di Stato, sono difformi dal diritto dell’Unione europea, anche in considerazione degli impegni in termini di apertura al mercato assunti dall’Italia nel contesto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza».

Da questi fatti si evidenzia come le leggi approvate dal Parlamento italiano, ovvero dal potere istituzionalmente preposto a promulgare le leggi, possano essere bocciate da organi di nomina politica, cioè del potere esecutivo, per la precisione dal Presidente della Repubblica e dal Governo; così come vengono considerate illegittime perché contrarie alle leggi dell’Unione Europea, che nascono in seno alla Commissione Europea, cioè il Governo dell’Unione Europea, che recepisce le istanze delle lobby, i gruppi di pressione delle multinazionali, lasciando al Parlamento Europeo il passaggio finale dell’approvazione o dell’eventuale emendamento, per poi concludersi comunque con l’approvazione della proposta di legge della Commissione.

La verità è che il Consiglio di Stato, nella sua sentenza del 9 novembre 2021, non si era limitato a richiedere l’ottemperanza alla direttiva europea nota come Direttiva Bolkenstein, ma era entrato nel merito della materia sostenendo che le aree demaniali marittime che possono essere messe a disposizione di nuovi operatori economici sono «caratterizzate da una notevole scarsità, ancor più pronunciata se si considera l’ambito territoriale del Comune concedente o comunque se si prendono a riferimento porzioni di costa ridotte rispetto alla complessiva estensione delle coste italiane». Secondo i giudici amministrativi «in alcuni casi» le risorse naturali a disposizione di nuovi potenziali operatori economici sono «addirittura inesistenti, perché è stato già raggiunto il – o si è molto vicini al – tetto massimo di aree suscettibile di essere date in concessione».

Secondo l’elaborazione di Legambiente, condotte su dati del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile, in Italia le coste sabbiose sono lunghe circa 3.400 chilometri e quasi il 43 per cento di queste è occupato da stabilimenti balneari, con ampie differenze tra le Regioni. Sempre secondo Legambiente, quasi l’8 per cento del totale delle coste sabbiose non è utilizzabile, perché composto da aree in cui si trova la foce di un fiume o dove la balneazione è interdetta per motivi di inquinamento. Inoltre, alcune regioni hanno fissato una percentuale di quota minima delle proprie coste che deve essere per forza destinata alle spiagge libere.
Ebbene, anche limitandoci a considerare come balneabili le coste sabbiose, ma non è così perché ci sono stabilimenti ubicati in coste rocciose, anche considerando che l’8% delle coste sabbiose non è utilizzabile, si arriva a un totale del 51% di coste sabbiose occupate dagli stabilimenti balneari, pari a 1.734 chilometri, rispetto al totale di 3.400 chilometri di coste sabbiose e al totale di 7.375 chilometri di coste italiane secondo l’Istat (Istituto nazionale di statistica).

Cari amici, noi della Casa della Civiltà sosteniamo la legittima richiesta dei micro e piccoli imprenditori italiani della sdemanializzazione del solo terreno su cui sorgono gli stabilimenti balneari a gestione familiare.
La sdemanializzazione è un provvedimento amministrativo attraverso cui il bene demaniale cessa di essere tale e si trasferisce nel patrimonio disponibile dello Stato.
Il 4 marzo Giuseppe Ricci, presidente di Itb Italia (Associazione italiana imprenditori turistici balneari), ha spiegato: «La sdemanializzazione è l’unica proposta possibile per evitare del tutto le conseguenze della direttiva Bolkestein e della messa a gara delle concessioni. Tutte le altre proposte come le proroghe, le mappature e i doppi binari sono solo delle prese in giro. Con la sdemanializzazione, invece, noi concessionari diventeremmo definitivamente proprietari delle aree su cui insistono le nostre imprese, mentre la parte di spiaggia continuerebbe a rimanere pubblica e oggetto di gara. Lo Stato ci guadagnerebbe con la vendita dei terreni e le banche potrebbero finanziare questa operazione».
«La sdemanializzazione porterebbe 30 miliardi di introiti nelle casse dello Stato e risolverebbe definitivamente l’incertezza per migliaia di concessionari balneari. Stiamo parlando solo delle aree su cui insistono i manufatti degli stabilimenti balneari, che hanno ormai perso qualsiasi caratteristica di demanialità. Sono porzioni di terreno completamente urbanizzate, che non ha senso continuare a considerare demanio pubblico».

È sconvolgente il fatto che lo Stato, rappresentato dal Presidente della Repubblica, dal Consiglio di Stato, dall’Autorità garante della concorrenza, a cui si aggiungono i Sindacati confederali (Ggil, Cisl e Uil), i partiti politici di sinistra, siano tutti uniti nel sentenziare la condanna a morte di almeno 60.000 cittadini italiani che lavorano e si guadagnano onestamente il pane e creano ricchezza a beneficio di tutta la comunità, sottomettendosi ai diktat dell’Unione Europea e diffondendo delle menzogne sull’arricchimento esorbitante di 6.592 micro e piccole imprese a fronte di canoni di concessione che sarebbero esigui.
Questo fronte di anti-italiani, dimentica che i piccoli imprenditori italiani, in aggiunta ai canoni di concessione, che sono comunque stabiliti dallo Stato, pagano l’Iva al 22%; pagano la Tari, la tassa sull’immondizia, su tutta la superficie della spiaggia occupata e per 12 mesi anche se restano aperti solo d’estate; pagano l’Imu, l’Imposta municipale unica, per la proprietà dei loro manufatti anche se si trovano su una concessione demaniale; devono sostenere le spese per il servizio di salvataggio (marinaio, moscone, torretta, defibrillatore) e per la pulizia dell’arenile (macchine pulisci-spiaggia, servizio smaltimento); sostengono i costi per l’innalzamento della duna invernale in spiaggia; sui canoni demaniali vengono applicate imposte regionali e comunali che vanno ad aumentare la cifra complessiva dal +30% al +100%; in aggiunta al costo del personale e, infine, le tasse versate allo Stato.

Cari amici, andiamo avanti a testa alta e con la schiena dritta, forti di verità e con il coraggio della libertà sulla retta via. Con l’aiuto del Signore insieme ce la faremo a far rinascere la nostra civiltà, salvare gli italiani, riscattare l’Italia.

Magdi Cristiano Allam
Fondatore e Presidente della Comunità «Casa della Civiltà»

Lunedì 20 marzo 2023

1 commento su “MAGDI CRISTIANO ALLAM: “Sosteniamo la sdemanializzazione del terreno su cui sorgono gli stabilimenti balneari per salvaguardare i beni di 60 mila cittadini italiani onesti che creano ricchezza”

  1. Premetto che vorrei approfondire meglio la questione e cosa vorrebbe imporci l’Europa ed i nostri entusiastici eurotanasici a partire dal n. 1 della Repubblica, le autority varie, partiti masochistici fluidi, ecc.
    Prendo però atto che continua la svendita di sovranità italiana e la sottomissione ai diktat europei lobbistici. Vogliono una grande Dysneiland costiera in mano a gruppi internazionali, banche, Fondi speculativi, ecc.
    Dimenticano e dimentichiamo pure noi, che le spiagge italiane sono i nostri confini, la nostra sovranità incedibile e difensiva, oltre che un grosso patrimonio ambientale e turistico oltre che economico. Sono un bene sociale e quindi demaniale italiano. Quindi, anche per diritto costituzionale, non sono vendibili a stranieri o gruppi internazionali, o almeno così credo dovrebbe essere. E nemmeno a gruppi o persone che non ne garantiscono il mantenimento ambientale e l’uso aperto a tutti e dai costi contenuti, secondo un rispetto naturale. Chiaro poi che vanno eliminate e riviste tassazioni assurde, tipo IMU, eccessive ed incongrue e previste compartecipazioni statali per la parte di uso comune aperta a tutti.
    I proprietari /gestori dovrebbero quindi non poter vendere eventualmente a stranieri e gruppi,né banche, ma solo ad altri gestori, come altre attività artigianali e professionali, per la caratteristica di essere l’oggetto una precipua e caratteristica di interesse pubblica e statale fondamentale, sotto diretta sorveglianza.
    Quindi, concorrenza e mercato non si possono intromettere in una fondamentale esigenza di sicurezza ed economia e costitutiva dello Stato. Né l’ Europa dettar legge ed esautorare i diritti fondamentali ed i confini degli Stati.Le coste dello Stato nin sini oggetto di concorrenza né mercato universale.
    Riassumendo : vanno respinti sia le pretese pseudo liberali europee, come vorrebbero i servi anti italiani, i Presidenti, organismi ed autority fuori dalla Costituzione e contro la sovranità e i diritti degli italiani.
    Vanno riviste tutte le tasse eccessive ed incongrue e la stessa qualifica della materia e dei concessionari, cui va data la possibilità di comprare le parti già urbanizzate, purché rispettino i paletti che prima citavo, per mantenere vendita e proprietà italiana ed uso sociale delle stesse.

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