STEFANO DI FRANCESCO: “La vera sfida è aumentare la consapevolezza in ciascuno di noi”

Il liberismo è il male.

La deregulation è il male.

La globalizzazione è il male.

La capacità delle banche d’indebitare i popoli e gli stati nazionali è il male.

Per tentare di realizzare una società più giusta, lo Stato deve avere più potere, non meno ed il settore pubblico deve essere rafforzato e non indebolito; anche se nel pubblico si commettono errori, questi sono comunque  molti  meno di quelli del settore privato, mosso esclusivamente da logiche di profitto e denaro.

Cosa rappresentano il liberismo, la globalizzazione e la finanza globale ? Altro non sono se non un’ossessione di guadagno e di consumo ormai autoreferenziale, senza altra ragione se non quella di autocelebrarsi, stabilendo nuovi record, quasi si trattasse di una competizione .

Da una parte pochi ricchi e corporation, che neppure sanno come spendere i miliardi che accumulano, che  vogliono di più, incuranti dei danni irreversibili che stanno provocando  alla società. Dall’altro, miliardi di consumatori che si identificano con i beni che comprano e per i quali hanno sacrificato solidarietà, valori morali, obiettivi ideali, dignità. Nessun interesse per il bene comune, per il futuro del mondo, per la giustizia.

La moneta debito ed il credito bancario hanno cambiato il naturale stile di vita dell’umanità, imponendo modelli che nel giro di due generazioni hanno completamente trasformato la percezione della famiglia quale perno della società;  hanno indotto la  subalternità del desiderio di avere figli al proprio istinto egoista, il relativismo imperante come insegnamento di vita secondo cui tutto sembra lecito e  slegato da qualsiasi morale ed etica comune, arrivando a concepire una società in cui ogni desiderio diventa automaticamente un diritto.

Questa distruzione valoriale ed etica, è molto peggiore delle distruzioni causate da una guerra. Questo è dove siamo oggi. Questo è il risultato prodotto dalla introduzione di una moneta senza valore nel mondo, che ha consentito la Globalizzazione e l’esplosione del Debito.

E’ evidente che per cambiare questo sistema fallimentare rappresentato dal relativismo, dal liberismo globalista  e  dal nichilismo, è necessario che la politica si faccia carico delle istanze promosse dalla maggioranza dei cittadini e dei popoli. Ma ad oggi è piuttosto improbabile che la classe politica  sia in grado di intercettare questa spinta al cambiamento. Prendiamo ad esempio la condizione del nostro Paese. 

Uno dei problemi dell’Italia oggi è l’essere ostaggio di una classe politica palesemente inadeguata, provinciale, ma che potremmo meglio definire  “provinciale globale”. Un provinciale infatti, si accontenta del suo piccolo mondo: è consapevole che si tratta di una frazione del vasto mondo che lo circonda e che le sue conoscenze sono ristrette; ma non gli importa. Quello che ha gli basta, lo rende felice e non lo disturba il fatto che altri abbiano a loro volta i loro mondi e diverse conoscenze. Un provinciale globale è invece convinto che il suo piccolo mondo e le conoscenze che lì ha appreso siano universali e necessarie: pensa di trovarsi al centro del tutto e di possedere la chiave per comprendere ogni cosa. Di conseguenza ciò che non sa non ha alcuna importanza. Egli basta a se stesso.

Cosa fare per impedire la prosecuzione di questa deriva globalista che porterà l’assoggettamento totale dei singoli e delle comunità al dio mercato?

Per incrinare l’egemonia liberista è necessario utilizzare alcune pulsioni umane ancora forti, le uniche che possano spingere la gente a uscire dal sonno mediatico e consumistico in cui si trova. Queste pulsioni sono il senso di appartenenza, il bisogno d’identità, il rispetto dei confini nazionali e delle tradizioni locali, l’aspirazione all’eguaglianza,  il sovranismo, la religione: in altre parole, occorrono movimenti populisti in grado di far proprie queste richieste.

Senza una decisa svolta verso un populismo in grado di contrastare la demagogia dei media liberisti e della pubblicità che vorrebbero conformarci tutti ad un ideale multiculturale, globalista e senza valori, non c’è speranza di salvezza.

La situazione economica dell’Italia è oggi disastrosa perché ostaggio di una visione dell’economia palesemente fallimentare e demenziale.

La base su cui poggia la politica del pareggio di bilancio è infarcita di bugie, retorica e menzogne:” Se ci sono troppi debiti è perché li si è fatti e vanno ora ripagati e comunque per ogni debitore c’è anche un creditore . E le banche se non prestano è perché hanno prestato troppo e quindi è necessario correggere un eccesso. Quindi c’è poco da fare, bisogna lavorare di più e meglio, sprecare meno, risparmiare di più, fare la lotta all’evasione, corruzione, sprechi perché ce lo chiede l’Europa e bisogna rassicurare i mercati. Se le cose vanno male, se esporti meno, hai più debiti, le aziende perdono e licenziano, c’è povertà o precariato, i giovani migliori emigrano ,è perchè in Italia non si lavora bene o non si lavora  a sufficienza, non si investe in tecnologia, si ruba o  si spreca, non si tolgono barriere alla concorrenza, gli imprenditori sono miopi, ci sono  troppi individui che vivono di politica, troppi pensionati d’oro...”

Sembra un discorso convincente? Lo fanno  Monti, Letta, Renzi, la Merkel, Draghi, Cottarelli  i quali giustificano con ciò le misure di Austerity necessarie a risanare l’economia.

Questi ragionamenti farneticanti, sono la base su cui oggi poggia l’intera Unione Europea, la BCE, l’Euro e le politiche dei governi nazionali. Ma sono tutte balle!!

Per capire il livello di disinformazione raggiunto, basterebbe che qualcuno si prendesse la briga di studiare, leggere, capire, domandare, guardare un pochino al di sotto della superficiale informazione pilotata ed infarcita di retorica, bugie, miti e leggende.

Siamo vittime di una disinformazione totale, colossale in cui si nega anche l’evidenza ma in realtà, ciascuno di noi può fare la differenza e partecipare alla demolizione di questo sistema economico ingiusto e predatorio accrescendo il nostro livello di conoscenza e consapevolezza.

Insieme ce la faremo.

2 commenti su “STEFANO DI FRANCESCO: “La vera sfida è aumentare la consapevolezza in ciascuno di noi”

  1. Con la scusa di “prendere esempio dal privato”, hanno introdotto i criteri aziendalistici anche nel campo del governo dello stato, inteso in senso lato, grazie alla complicità di politici corrotti o quantomeno assolutamente incompetenti.
    Hanno completamente dimenticato che il fine che persegue un’azienda privata è il lucro, mentre lo Stato deve o dovrebbe avere porre in campo tutte quelle azioni necessarie alla tutela dei principi fondamentali enunciati nei primi dodici articoli della Costituzione.
    Così invece non è. Hanno introdotto l’obbligo del “pareggio di bilancio”; hanno definito “aziende” anche istituzioni che non dovrebbero assolutamente comportarsi come aziende (vedasi le Asl, ad esempio).
    Sentivo a Radio Radio un servizio dove l’economista Valerio Malvezzi raccontava che addirittura il “pareggio di bilancio” viene spiegato nei libri di educazione civica delle scuole elementari e medie, facendone addirittura un panegirico.
    Come vedi la disinformazione viene propalata a piene mani fin dall’inizio della scuola.
    E’ stato a causa dell’introduzione di questi criteri aziendalistici (taglia e risparmia) che, ad esempio, ci siamo trovati con un sanità assolutamente inadeguata ad affrontare una emergenza (ovviamente provocata ad arte ma questo è un altro tema) legata al covid. E’ sempre per causa di questi tagli se siamo passati dall’avere un sistema sanitario di prim’ordine ad uno che non riesce quasi nemmeno più a garantire i servizi minimi.
    Lo scorso anno il Comune di Palazzolo sull’Oglio ha accettato di partecipare ad una sorta di ricerca condotta per conto dell’Università di Brescia, volta a verificare lo stato delle pubbliche amministrazioni.
    Una delle domande verteva sul tema di come intendevamo il ruolo delle pubbliche amministrazioni, considerata la sempre minore disponibilità di risorse. Poiché era una delle pochissime domande a risposta libera, ovviamente non mi sono persa l’occasione di esprimere il mio pensiero. In sostanza ho risposto che, stante il fatto della diversità di obiettivi, mettere sullo stesso piano lo Stato e le Azienda era un errore madornale, che avrebbe avuto conseguenze gravissime.
    Non ho avuto notizie poi del seguito di questa indagine, quindi non so dire se in qualche modo la mia opinione sia stata in qualche modo valutata, ma se dovesse mai capitare ribadirò il concetto. Devo anzi ringraziarti Stefano, perché grazie a te riesco a comprendere concetti che prima mi erano assolutamente nebulosi.

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