Cari amici buongiorno e buon inizio di settimana. Vi auguro di cuore di stare tutti bene in famiglia e che vi siate risvegliati sereni, fortificati e determinati.
Prendo spunto da una intervista pubblicata su “La Stampa” a Luca Casarini, dal titolo
«Sono indagato per immigrazione clandestina, ecco perché il Papa mi vuole al Sinodo», per sottoporre alla vostra attenzione e invitarvi a intervenire con dei vostri commenti su due questioni:
1.Come può qualcuno qualificarsi “no global”, cioè contrario alla globalizzazione, quando, per un verso, promuove l’ingresso illimitato e incondizionato dei clandestini in Italia, che rappresenta la leva principale con cui si attua la globalizzazione demografica, finalizzata a forgiare una umanità meticcia omologata e omogeneizzata; dall’altro, sostiene che apparteniamo tutti alla «comune famiglia umana», con il sottinteso che non devono sussistere le identità nazionaliste e patriottiche, che sostanziano il concetto di “localismo” che è antitetico al “globalismo”?
2.Come può il Papa, il vicario di Cristo, per un verso, elevare l’immigrazionismo a dogma di fede, di fronte alla constatazione che questa accoglienza illimitata e incondizionata di clandestini, prevalentemente musulmani, promuove la sostituzione etnica e l’islamizzazione demografica dell’Europa; per l’altro, elevare un cittadino italiano indagato dallo Stato italiano per il reato di immigrazione clandestina, a ospite speciale al Sinodo dei vescovi, l’assise dove gli alti rappresentanti del clero decidono le scelte strategiche della Chiesa?
Ecco il testo integrale dell’intervista di Luca Casarini al quotidiano “La Stampa”
Luca Casarini alla corte di Francesco, l’attivista di Mediterranea Savings Humans: “Sono indagato per immigrazione clandestina, ecco perché il Papa mi vuole al Sinodo”
Intervista al no-global «invitato speciale» di Francesco alla prossima assemblea dei vescovi: «Sono più cristiano che cattolico ma nessuno si salva da solo. I migranti? Nostri fratelli. Bisogna recuperare il concetto di comune appartenenza alla famiglia umana»
Di PASQUALE QUARANTA
La Stampa, 7 luglio 2023 – «Mi ha telefonato il nostro cappellano Don Mattia Ferrari: sei ufficialmente invitato dal Papa al Sinodo»: così Luca Casarini racconta a La Stampa la convocazione in Vaticano da parte della Santa Sede. Già leader del movimento no-global, Casarini è attivista di Mediterranea Saving Humans, la ong nata nel 2018 dall’indignazione per i morti in mare e la politica dei porti chiusi. «L’invito del Papa è un onore che umilmente mi sovrasta e infonde speranza».
Il tema del Sinodo contiene tre parole: comunione, partecipazione, missione. Se lo aspettava? «Il Sinodo dei vescovi sarà un momento importante di comunione, che mette insieme pratiche e pensiero. Onestamente no, non me l’aspettavo, ma oltre a papa Francesco, ai cardinali e ai monsignori, ci saranno anche suore e teologi laici. Non mi sento un “invitato speciale” ma l’ultimo degli ultimi».
Qual è il valore politico di questo invito secondo lei? «Innanzitutto, direi che non bisogna considerare il Sinodo come un evento in sé ma come un cammino. Il fatto che siano invitati anche laici vuol dire che è un momento di riflessione comune. Questo tempo impone sfide enormi».
Lei è indagato per favoreggiamento all’immigrazione clandestina, ma Papa Francesco l’ha invitata comunque. Cosa vuol dire questo gesto? «Certamente non sono un invitato “comodo”, potrei essere considerato una “pietra dello scandalo”. Sono sotto processo perché nel 2019, con la nave Mar Jonio, recuperai 49 persone a largo delle coste libiche e le feci sbarcare a Lampedusa. Vado per ascoltare, non per insegnare. Sono quello che sono, ma quella delle migrazioni è una sfida sul concetto di dignità umana, sul rapporto tra diritti e necessità, che il Papa condivide e supporta, e che dobbiamo affrontare in maniera diversa».
In che modo, ad esempio?
«Pensiamo al Mediterraneo, ai morti in mare. Finora ci siamo concentrati più sulla libertà e sull’uguaglianza, meno sulla fraternità, citando il motto della rivoluzione francese. Le persone che cercano di fuggire dalla Libia sono nostri fratelli, ad esempio, lo ha scritto anche il Papa nella sua enciclica “Fratelli tutti”. Dobbiamo ripartire da questo, cioè riflettere sulla comune appartenenza alla famiglia umana».
Perché fatichiamo a sentire come fratelli e sorelle le persone migranti?
«Compiamo atti anche in democrazia che prevedono gradi di umanità diversi, dimenticando che apparteniamo a un’unica famiglia umana. Bisognerebbe invece garantire tutte le persone al di là di dove esse nascano. Questa battaglia non si vince solo con la razionalità, ci vuole una forza ulteriore».
Lei è cattolico? «Non mi definirei cattolico ma cristiano. Fino a 12 anni frequentavo la Chiesa. Sono battezzato e ho fatto comunione e cresima. Quel rapporto con la Chiesa poi si ruppe. Ma mi sono sempre sentito cristiano, nel senso di Gesù, che considero il rivoluzionario più grande di tutti i tempi. Non mi confesso e non frequento parrocchie, sono poco liturgico. Nel mio percorso ho incontrato preti e suore, da don Ciotti a don Gallo, da don Vitaliano della Sala alle clarisse di clausura che prima del G8 sostenevano il movimento che criticava la globalizzazione. La Chiesa di Francesco si confronta a partire dalle cose del mondo, a cominciare dal soccorso civile in mare come una pratica concreta per salvare vite umane».
Ha già incontrato Papa Francesco altre volte, cosa vi dite quando parlate di questi temi? «La prima volta è stata nel 2020, ogni tanto gli equipaggi di Mediterranea sono ricevuti in Vaticano. Durante la Pasqua del 2020 il Papa mi scrisse chiamandomi fratello, mi chiese di abbracciare i compagni e dire loro che lui è con noi. Dal vivo gli ho raccontato che quello che facciamo è difficile, perché siamo criminalizzati, perché ci mandano in porti lontani e fanno di tutto per impedirci di salvare persone in mare. Lui risponde semplicemente “andate avanti”. Così mi ha avvicinato alla cristianità intesa come dimensione spirituale di fare le cose, non di guardarle e lamentarsi. Lui chiama Vangelo questo modo di vivere e cambiare le cose».
In quali progetti è impegnato in questo momento? «Nel pomeriggio telefonerò a una suora che lavora nel campo profughi di Smirne, in Turchia: lì ci sono persone rinchiuse perché l’Unione europea ha dato milioni di euro per tenerle in campi di contenimento e impedire loro che possano venire di qua. Dentro quei campi lavorano tanti religiosi che vedono Cristo nei campi profughi. Sento di avere molto in comune con loro. Nessuno è al sicuro, come dimostrano la pandemia e la guerra. Nessuno si salva da solo».
Quando ripartirà a bordo di Mediterranea? «La nave è in sosta tecnica a Trapani, in attesa di ripartire, e io sono qui. Ma facciamo tante altre cose come Mediterranea, oltre al soccorso civile in mare. Ad esempio, siamo in Ucraina in missione con i nostri medici nell’oblast di Leopoli».
Qual è il suo augurio per il prossimo Sinodo? «Dobbiamo superare le ideologie per concentrarci su quello che c’è da fare per far stare meglio tutti. A volte siamo prigionieri di alcune battaglie e perdiamo la sostanza. Quando abbracci una persona e la tiri fuori dall’acqua, cioè dalla morte sicura, in quel momento non c’è status o colore della pelle che tengano, hai salvato una persona, hai salvato il mondo intero. In quei momenti sono felice. Vorrei un modo felice. Per i miei figli e per tutti noi».
Condivido le considerazioni svolte da Davide Maria ad esclusione della descrizione del Vescovo Bergoglio come “eroe della superficialità”. Credo che Casarini sia veramente una persona che, forse anche in buona fede, si fa manovrare da soggetti molto più scaltri di lui, che hanno altri fini oramai nemmeno più tanto nascosti. Ritengo che Bergoglio, il quale, non dobbiamo dimenticarlo, è un gesuita e quindi si comporta come un politico e non come un religioso, stia usando Casarini per piegare il messaggio evangelico a fini che con lo stesso non c’entrano nulla.
C’è una mancanza di consapevolezza di cosa voglia dire globalizzazione che è possibile ravvisare in molti che, come Casarini, si professano lontani dal pensiero unico. Un personaggio come Casarini fornisce, in tal senso, un modello esemplare degenere, funzionale a una lettura buonista e semplificante dell’atteggiamento altruista al centro del messaggio evangelico. I concetti che esprime nelle parole dell’intervista alla Stampa, sono di una banalità disarmante. Ecco, questo è il tipico esempio di ciò che rappresenta l’esatto opposto della disciplina mentale e comportamentale che dobbiamo mantenere quotidianamente. Si deve andare alla profondità delle cose, non rimanerne alla superficie. Papa Francesco è l’eroe della superficialità