STEFANIA CELENZA: “Anche la famiglia al “oıɹɐɹʇuoɔ per il generale Vannacci”

Il libro del Dott. Roberto Vannacci, indubbiamente, ha creato molto
scompiglio. Ad un certo punto, in un certo anno, in un certo mese, in un
certo giorno il libro dal titolo “Il mondo al contrario” è stato pubblicato.
E’ stato reso pubblico e l’effetto è stato istantaneo.
Come sempre accade, per pubblicazioni che trattino della contemporaneità,
le reazioni sono state le più diverse e, talvolta, anche le più fantasiose.
Qualunque sia stata la vera intenzione dell’autore, penso che, comunque,
l’argomento trattato non debba essere ritenuto casuale.
Una ragione c’è, perché il Generale Vannacci abbia deciso di assumere
questa iniziativa e di accettare tutto ciò che ne potesse conseguire.
Nel male e nel bene.
E la ragione per cui una persona si metta così apertamente in gioco, oltre
che non casuale, non può essere mai biasimevole. Secondo me.
Tuttavia, non è mia intenzione fare alcuna analisi, ne’ critica, ne’ commento
al libro in questione ed ancora meno alla persona del Generale.
Credo che la cosa più importante sia conoscere, leggere, comprendere,
capire bene ciò che si è voluto comunicare.
Il giudizio lo darà, come sempre, la Storia.
Quello che, invece, mi ha interessato valutare con attenzione è come sia
stata affrontata la tematica della famiglia, che, infatti, l’autore inserisce, a
pieno titolo, fra i relitti del cataclisma che sta mettendo il mondo al
contrario.
Il Generale Vannacci si fa ispirare principalmente dal buon senso che deriva
dalla mera osservazione della Natura, cui attribuisce la simbolica etimologia
della parola “normalità” (è normale ciò che è secondo natura).
Ciò costituisce il maggiore motivo delle critiche che riceve, a mio avviso,
deltutto irrilevanti.
Riconoscendo e rimarcando che la Famiglia ha consentito e garantito “la
sopravvivenza e la prosperità della specie umana per millenni”, con estrema
lucidità, individua in n. 4 fattori determinanti le principali fonti di attacco
alla Famiglia.
1) Il socialismo reale. La forte matrice ideologica “comunizzante” ha
imposto il lavoro a tutti i membri della società (uomini e donne
rigorosamente parificati), ha reso inevitabile la necessità di essere
costantemente impegnati in attività produttive, con ciò impedendo, od
ostacolando grandemente, l’allevamento e l’accudimento della prole.
Ha pienamente ragione il Generale.
L’ideologia socialista ha scandalosamente sconfessato se’ stessa. Essendo
sorta dall’enfasi della lotta al capitalismo ed allo sfruttamento dei
lavoratori, ha finito per costringere tutti proprio in quella morsa capital
consumistica che diceva di combattere. Il lavoro al primo posto, il lavoro
come obbligo sociale. Oggi, per essere accettato dal sistema, devi essere
titolare di reddito, derivante da contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Non ti si richiede niente altro. Mi sorge spontaneo il paragone,
agghiacciante e sarcastico, con la nota scritta che troneggiava all’ingresso
dei campi di concentramento nazisti “Arbeit macht frei”, il lavoro rende
liberi…
2) Il movimento femminista. Il concetto di emancipazione della donna ha
portato, come diretta conseguenza, la negazione della figura femminile
come madre. La maternità è stata descritta come una forma di schiavitù, di
involuzione, di sudditanza. Ha ancora ragione il Generale.
Si osservi con occhi disincantati come, anche in questo caso, tale
affrancamento della donna dalla maternità l’abbia inevitabilmente condotta
alla necessità di essere inserita nelle attività produttive. Mentre la vita
domestica è stata descritta come esecrabile, la vita lavorativa è apparsa
come l’unica forma di emancipazione.
3) I movimenti lgbtq+. Laddove il sesso viene definito come una mera
percezione ed ogni distinzione biologica, fisica ed anatomica viene
banalizzata e persino negata, laddove ciò che conta è solo la presenza di
amore fra persone, benchè sessualmente fluide, il concetto di Famiglia
viene facilmente preso in prestito, per qualsivoglia unione di esseri umani.
Il fatto procreativo è deltutto marginalizzato.
Sento di dare ragione anche su questo al Generale.
Aggiungo un’altra osservazione a proposito della palese
strumentalizzazione del concetto di “amore” che oggi va per la maggiore.
Il termine amore è indubbiamente astratto, ma carico di significati
altamente emotivi. Per questo, viene con tanta facilità utilizzato, a vario
titolo, quando si voglia far passare ed accettare alla cittadinanza messaggi
di qualsiasi tipo. L’espressione “basta che ci sia amore” legittima e può
legittimare qualsiasi attività, non solo le unioni omosessuali, ma anche
l’utero in affitto, la pedofilia, l’incesto, la prostituzione, persino la
criminalità. Basta che ci sia amore… Del resto lo stesso attuale pontefice
promuove una religione universale il cui valore accomunante è proprio e
solo l’amore. Neppure posso dimenticare il medesimo pontefice che, in
occasione delle ben note recenti imposizioni vaccinali anti covid19,
raccomandava ai fedeli di sottoporvisi incondizionatamente, quale “atto di
amore”…
4) I movimenti animalisti. Sempre seguendo la sudddetta interpretazione
secondo cui l’amore giustifica tutto, il Generale riferisce della ulteriore
tendenza che vuole estendere il concetto di Famiglia anche a chi viva non
solo con animali domestici comuni, ma con qualsiasi tipo di animale.
Tutta questa analisi è condivisibile.
La Famiglia costituisce la forza primaria ed ancestrale della società, è ciò
che ha garantito “la vita al sapiens”. Oggi la mentalità dominante del
politicamente corretto e della dittatura delle minoranze ne ha cancellato
ogni valore. Primo fra tutti quello procreativo.
Questo attuale mondo al contrario dissuade e scoraggia la procreazione
nelle coppie che potrebbero avere figli, mentre propugna e caldeggia il
diritto ad avere figli nelle coppie che non possono procreare.
Invece, per Vannacci, la Famiglia ha tre fondamentali funzioni sociali: La
procreazione, l’educazione dei figli e la rappresentazione gerarchica del
modello sociale. E’ vero.
Il Generale spiega e dimostra, molto efficacemente, quale sarebbe il
notevole risparmio della spesa pubblica se, invece di diffondere e
promuovere i “sostituti materni”, quali sono gli asili nido, ovvero “i servizi
per l’infanzia”, si riconoscesse un reddito al genitore che scelga di
occuparsi della cura della prole “una remunerazione pari all’incirca ad un
salario minimo previsto dal contratto collettivo dei metalmeccanici”.
L’altro aspetto pericolosissimo di questa delega dell’accudimento dei figli
alle istituzioni pubbliche è la totale sottrazione della funzione educativa ai
genitori, ormai assunta, fina dalla più tenera età, dagli istituti scolastici che
provvedono al suddetto accudimento. Spaventa il parallelismo che il Dott.
Vannacci fa con la Cina di Mao, con la Unione Sovietica di Stalin e con la
Cambogia di Pol Pot, laddove i bambini erano considerati figli del popolo,
sottratti ai genitori ed affidati all’esclusivo controllo del regime.
I metodi applicati nel nostro mondo italiano al contrario “solo
apparentemente appaiono meno coercitivi”, ma conducono lostesso ad “una
omogeneizzazione forzata e ad un livellamento coatto fin dall’infanzia”.
Neppure bisogna temere, come invece ci inducono a fare, il modello
gerarchico della Famiglia tradizionale, dove chi comanda sono i genitori e
chi obbedisce sono i figli. Anche in questo caso, dice il Generale, è la stessa
Natura che ci indica la strada. La prevalenza gerarchica dei genitori sui figli
si è naturalmente formata per “evitare che giovani ed inesperti esseri,
lasciati a loro stessi, andassero incontro a morte prematura”.
Per Vannacci l’origine di questo capovolgimento della realtà è da rinvenire
nella “libera interpretazione delle norme, nella relativizzazione di qualsiasi
verità e nel far prevalere i desideri sulla realtà”. Sono d’accordo.
Questo gioco di prestigio, attraverso queste fin troppo facili lusinghe
psicosociali, ha il solo scopo del controllo delle persone.
“Creare un modello di società fluida, dove le certezze sono sbiadite, le
persone sempre più sole e più annebbiate e dove i legami più forti, compresi
quelli di sangue, sono messi continuamente in discussione sicuramente
assicura una maggiore malleabilità e possibilità di strumentalizzare.”
Il Generale Vannacci, pur non essendo uno scrittore di professione, ha
espresso con un linguaggio, sì poco letterario, ma diretto e concreto, il suo
punto di vista da militare servitore dell’Italia, che non ha avuto paura a
chiamare Patria.
Qualunque sia stata la motivazione che ha spinto il Generale Vannacci a
pubblicare queste sue opinioni, io mi sento di ringraziarlo, per averlo fatto.

Firenze,13.09.2023

Stefania Celenza

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