STEFANIA CELENZA: “L’utero in affitto a tutti i costi”

Il nostro encomiabile Presidente della Associazione dei Giuristi per la Vita Avv.
Gianfranco Amato sta conducendo una difesa accalorata, forte ed autorevole della
nostra sovranità legislativa nazionale, dei nostri valori fondanti e forse nessuno lo sa.
Spero ne sia al corrente almeno la Presidente del Consiglio.
Il 20 febbraio 2023, presso la IV Commissione Permanente del Senato della
Repubblica, attinente le Politiche dell’Unione Europea, egli ha tenuto una prestigiosa
Audizione in tema di conformità ai principi di sussidiarietà e proporzionalità, della
Proposta di Regolamento presentata dalla Commissione Europea (COM 2022-
695), il 22 dicembre 2022, sulla Filiazione e creazione di un certificato europeo di
filiazione.
Le criticità di tale Atto UE sono almeno due:
a) una di diritto internazionale ed b) un’altra di diritto sostanziale, direi anzi di diritto
naturale.
a) Si viene a creare una graduale e sempre più marcata sudditanza legislativa degli
Stati Membri rispetto ai dettami di un organismo sovranazionale onnipotente quale è
la Unione Europea.
b) Si impone, con la violenza di una normativa di origine non democratica, la
legittimazione di fattispecie giuridiche ripugnanti.
In base a tale Proposta di Regolamento ciascuno Stato dell’Unione sarebbe obbligato
a riconoscere la filiazione, nei confronti di una determinata persona, anche qualora le
proprie norme interne di diritto sostanziale, in materia di famiglia, non lo consentano:
gli Stati della Unione sarebbero costretti a mutare le proprie norme di diritto
sostanziale.
Non occorre girare troppo intorno all’argomento.
Ci si riferisce alle coppie omosessuali le quali, essendo ricorse a pratiche di utero in
affitto, all’estero, ed avendo ottenuto lo status legittimo di filiazione del bambino, in
tal modo “ottenuto”, chiedono che tale status legittimante debba essere riconosciuto
anche nello Stato di loro residenza. Ciò nonostante che nel loro Stato di appartenenza
non solo non sia contemplata la legittimazione di tale status di filiazione, ma sia
addirittura perseguita penalmente la pratica della cosiddetta maternità surrogata o
utero in affitto, come giustappunto è l’Italia.
La pretesa di tali soggetti è quella di vedere applicato il diritto di famiglia sostanziale
vigente nello Stato di provenienza, da parte dello Stato in cui gli stessi hanno deciso
di risiedere stabilmente. L’iniziativa si inserisce nella ossessiva strategia della Unione
Europea, per l’uguaglianza LGBTIQ.
Ma qual’è il paravento giustificativo di tale proposta? Si ricorre all’art. 81, comma 3,
del Trattato di funzionamento dell’Unione Europea, argomentando che gli aspetti del
diritto di famiglia di ciascuno Stato Membro, aventi implicazioni transnazionali,
debbano tenere conto delle situazioni transfrontaliere. Per esempio? Cosa può
succedere ad un minore riconosciuto figlio legittimo di una coppia, in un paese
membro, che si trovi a vivere in un altro paese, che non gli riconosca tale legittimità?
«Il mancato riconoscimento può avere notevoli conseguenze negative per i minori.
Impedisce loro di esercitare i diritti fondamentali in situazioni transfrontaliere e può
comportare la negazione dei diritti derivanti dalla filiazione ai sensi del diritto
nazionale. I minori possono quindi perdere i loro diritti di successione o agli alimenti
in un altro Stato membro oppure il loro diritto a far sì che uno dei genitori agisca in
qualità di rappresentante legale in un altro Stato membro per questioni quali le cure
mediche o la scuola»…
Si osservi la pretestuosa strumentalizzazione degli interessi dei minori, quando,
ancora una volta, palesemente si perseguono solo gli interessi (rectius le pretese)
degli adulti. Questi adulti, che hanno fatto libere scelte sessuali infeconde,
pretendono ad ogni costo la soddisfazione della genitorialità. Per questo, onde non
essere discriminati dai genitori naturali, hanno coniato un nuovo epiteto per loro
stessi, quello di “genitori di intenzione” e come tali esigono tutti i riconoscimenti e
tutti idiritti di coloro che procreano secondo natura.
Non vi è chi non veda, al contario, la violenza di tale “intenzione”, la presunzione di
soggetti che, dopo avere ottenuto il riconoscimento del rapporto di filiazione,
mediante il ricorso alla pratica, disumana verso i bambino e verso la madre, dell’utero
in affitto, si trasferiscono in un Paese che non ammette il rapporto di filiazione del
“genitore di intenzione”, pretendendone il riconoscimento. Si tratta di soggetti
assolutamente consapevoli che il ricorso alla maternità surrogata è vietato nel nostro
Paese e che costituisce reato e che, proprio per questo motivo, si sono trasferiti
all’estero per ricorrervi ugualmente. Il rientro nel Paese che vieta la maternità
surrogata, quindi, non deriva da una situazione “transfrontaliera”, come sostiene
l’UE, nella sua interpretazione capziosa, ma dalla pretesa di eludere il divieto di
maternità surrogata e la normativa sostanziale che non permette, in questi casi, il
riconoscimento del rapporto di filiazione nei confronti del “genitore di intenzione” e
di ottenere tale riconoscimento, contro il diritto sostanziale vigente.
Ciò vale, precipuamente, per i cittadini italiani che si recano all’estero per ricorrere
ad una pratica che il nostro Paese considera come reato.
Siamo difronte, come denuncia l’Avv. Gianfranco Amato, ad una palese violazione
del principio secondo cui la competenza sulla normativa sostanziale, in materia di
status delle persone e di diritto di famiglia, spetta agli Stati membri.
L’Unione Europea non può e non deve obbligare gli Stati membri a uniformare le
proprie singole normative sostanziali. Gli Stati membri che vietano il ricorso alla
pratica disumana dell’utero in affitto non devono essere obbligati a riconoscerne la
liceità e l’efficacia, ai fini del rapporto di filiazione con il genitore di intenzione, e
nemmeno devono essere obbligati a tollerare che venga totalmente escluso ogni
rapporto umano, affettivo, oltre che giuridico, tra la donna che ha condotto la
gravidanza e ha partorito e il suo figlio.
La Proposta di Regolamento formulata dalla Commissione Europea sembra avere un
obiettivo chiaro «imporre il riconoscimento della filiazione accertata in un altro
Stato membro, in particolare ai fini dei diritti derivanti dalla filiazione ai sensi del
diritto nazionale» e così eludere il principio, derivante dai Trattati dell’Unione, in
base al quale il diritto sostanziale in materia di famiglia, compreso lo status giuridico
delle persone, rientra nella competenza esclusiva degli Stati membri e non in quella
dell’Unione.
L’Avv. Gianfranco Amato ha fatto presente che, presso il Parlamento italiano, pende
una proposta di legge che punisce la maternità surrogata anche se commessa
all’estero e che, in numerosi Organismi internazionali, è stata proposta la
considerazione dell’utero in affitto come reato universale.
La attuale richiesta della UE di riconoscere la filiazione, derivante dal ricorso alla
maternità surrogata, pretende nientemeno di obbligare il Paese di destinazione a
sconfessare una propria norma riguardante l’ordine pubblico e, di fatto, vanifica la
normativa sostanziale dei Paesi membri.
In conclusione, ancora una volta, si osserva tristemente che l’interesse del minore è
uno schermo mostrato per nascondere l’interesse degli adulti ad ottenere un figlio,
mediante una pratica inumana. L’interesse di sedicenti “genitori di intenzione”
sovrasta e sopprime l’interesse del minore ad avere un legame con la madre che lo ha
partorito e a crescere con un padre e una madre, all’interno di una famiglia naturale.
Si fa valere una forzatura di fatto, per modificare la situazione di diritto.
La finalità di tale Proposta di Regolamento è, quindi, il riconoscimento del rapporto
di filiazione che alcuni Stati membri si rifiutano di adottare. Mal’obbligo per lo Stato
membro di riconoscere il rapporto di filiazione dichiarato o riconosciuto da altro
Stato membro potrebbe addirittura costringerlo a riconoscere la filiazione derivante
da una condotta costituente reato (come, per l’Italia, la pratica dell’utero in affitto).
Insomma, proseguendo su questa strada, sarà l’Unione Europea a decidere e a
legiferare per tutti gli Stati membri, ridotti al rango di meri sudditi.
Giorgia Meloni, in nome del Popolo Italiano, insorgi!


Firenze, 24.02.2023

Stefania Celenza

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